Confezioni Paradiso con il design tessile

La prima volta che sono entrata da Confezioni Paradiso e ho ascoltato la sua fondatrice parlare di ricamo, sartoria, rifiniture e merletti, circondata da pezze, aghi e filo, attrezzi vari del mestiere disposti intorno ad un’antica macchina da cucire Singer, una suggestione letteraria mi è subito balzata in mente…

<<Ovunque ci sia una possibilità di posare, si vede ovunque una medesima cosa: a pezzi e a bocconi, a pezze intere, a striscie, distese o ammonticchiate, tele, mussole, veli, crespo, tulle, cordoni, cordoncini, nastri, sete, bianche in gran parte o di colori tenui, e di colori vivacissimi in parte minore; e per quanto i mobili vi siano in buon numero e di proporzioni allarmanti, nello spazio che rimane, intorno alla tavola o appoggiati alla parete libera, telai col viso al muro o in esposizione, in tutti i sensi e d’ogni misura, e su taluno dei quali è teso un panno bianco che fa sembrare la stanza un palcoscenico prima o dopo lo spettacolo, e che rivelano, senza tema di sbagliare, la presenza di assidue e attive ricamatrici>>

<<Ma per meglio precisare le qualifiche, e per quanto il ricamo sia lo loro vera specialità, per la quale godono nomea vastissima e solida riputazione, dirò che le sorelle Materassi sono ufficialmente, come si legge in testa alle loro fatture, delle cucitrici di “bianco”>>*

(A.Palazzeschi)

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Beh, preciso che lei, al contrario delle “zitelle più amate della letteratura italiana”, non lavora con sua sorella (per la precisione ha un fratello), è molto più giovane delle signore di cui sopra, non ha la vita sconvolta dall’arrivo di un nipote scialacquatore e per concludere non è zitella (al contrario della sottoscritta).

Emanuela Paradiso ha una formazione artistica: studi al Dams arte di Bologna e prime esperienze lavorative all’archivio immagini del Resto del Carlino, per passare poi alla società pubblicitaria editoriale, quando ha capito chiaramente che questa non era davvero la sua strada. Cresciuta in una famiglia matriarcale ha sempre avuto l’attitudine a lavorare con le mani, anche qui come in altre storie che vi abbiamo raccontato, molto ha influito una nonna sarta… Le radici sono sempre importanti.

Una passione forte per la casa e tutto ciò che la riguarda: intorno ai diciannove anni realizzava le tovagliette all’americana per le sue coinquiline.

Per un periodo di tempo è tornata a vivere nella sua città, Savona, dove ha frequentato un corso di ricamo, ma solo rientrata a Bologna ha infine trovato il posto giusto, un piccolo locale in via dell’Inferno, nella deliziosa zona del ghetto ebraico, che ha accuratamente trasformato nel suo laboratorio.

Voleva ricamare ma “svecchiando” la connotazione di questo tipo di lavoro: la sua intenzione era ed è quella di creare un ricamo piu contemporaneo, attraverso la realizzazione di pezzi unici particolari e originali.

Nel corso del tempo la sua attività si è evoluta in vari modi e passando attraverso varie fasi: inizialmente non viveva la cosa come un lavoro. Mi ha fatto sorridere il racconto della sua prima vendita: aveva realizzato dei cuoricini in tessuto, decorazioni di Natale da appendere all’albero, quando entrò una signora per comprarli. Questo ricordo è anche sua la prima difficoltà commerciale.

Quale era il prezzo? Perché vendere una cosa fatta con amore e dedizione? Insomma voleva regalarli, perché non aveva idea di quanto farli pagare.

La cosa complicata è stata proprio dare un prezzo rapportato al valore e svincolarsi dall’idea – che ora definisce molto romantica – di laboratorio, vertendo verso la concezione di negozio: il fatto è che lei desiderava un luogo in cui si potessero anche condividere delle esperienze e delle emozioni, un luogo che non fosse solo legato ad un concetto strettamente commerciale.

Spesso arrivavano alcune persone anziane, sempre depositarie di grande saggezza, attratte dall’atmosfera un po’ vecchio stile di bottega, ma in cui trovavano all’opera una giovane donna. Finivano per istruirla su varie tecniche, tra le quali il chiacchierino, tecnica di lavorazione di nodi per realizzare i pizzi, nello stesso tempo un’arte antica e preziosa.

Un gruppo di persone che si intratteneva insieme, per passaparola: le nostre signore “attempate”erano molto incuriosite da questa ragazza che lavorava in maniera artigianale, aveva entusiasmo e voglia di apprendere antichi metodi di lavorazione, proponeva cose retrò, ma con un gusto nuovo e fresco.

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Emanuela decise poi di frequentare un altro corso di sartoria al famoso laboratorio Il Bagatto, continuando nello stesso tempo a studiare anche da autodidatta: “al Bagatto hanno un approccio e uno stampo all’antica, infatti dicono “ti prendiamo a bottega”, ma sono più sull’abbigliamento mentre io fin dall’inizio volevo creare collezioni per la casa”. Mi mostra il suo campionario dei punti: orlo a giorno, quadretto, gigliuccio. Imparava la tecnica e cercava di adattarla.

Era comunque più orientata al disegno, quindi in realtà prendeva poco dai manuali di ricamo, ma si muoveva sempre più verso il contemporaneo, infatti parla di disegno ad ago, di cui ha tenuto anche dei corsi.

Partire dalla tecnica, dalla base tradizionale per poi prendere uno strada autonoma e specifica.

Anche molti artisti usano ago e filo, come Arianna Fantin, che applica il ricamo sviluppando un suo personale linguaggio figurativo (ricordiamo la mostra Volumi Cuciti, in occasione di Artelibro 2013, Bologna).

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Il laboratorio Paradiso è pieno di tesori e ogni volta che entro non faccio altro che guardarmi intorno incantata dalla bellezza e dalla particolarità dei pezzi: cuscini, tovagliette, tende, sacchetti, asciugapiatti, presine, ma anche borsette e pochettes, shopping in tela, zainetti, portafogli, collane dai richiami etnici e ciondoli. Tutti pezzi unici o quasi, in serie limitate, forme semplici, grafica pulita e originale, ricerca e qualità.

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La novità in produzione dal 2013 è la linea di abbigliamento, capi molto minimal e versatili:

“Ho iniziato a poco a poco a introdurre qualche pezzo. Creo il modello che poi rendo declinabile in vari tessuti, usando in prevalenza cotone, lini, tessuti da camicia maschile, tweed di lana inglese, tartan in pura lana, canapa-mi piace molto quella vecchia tessuta a telaio- misto lino. Faccio sia la modellista sia la sarta: su alcune produzioni ripetibili, tipo le collezioni a serigrafia, sempre però per serie limitate, uso il telaio.  Scelgo la forma  più semplice e primordiale, ad esempio studio come erano le prime tuniche, dal punto di vista anche storico.  In una fase iniziale mi ero imposta di non lavorare su richiesta, sia per il design tessile che per la linea “moda”, perché volevo affermare il mio stile personale e pensavo che la richiesta lo limitasse”

“Ora invece mi piace molto, forse anche perché sono più consapevole e più solida nel mio stile e credo che io posso realizzare una proposta e un’idea di una cliente attraverso i tessuti, il colore o i dettagli. Viene comunque fuori una cosa che mi rispecchia ed è il mio stile. Quello che mi manca e che mi piacerebbe approfondire è forse contribuire a riaffermare la figura della sarta che deve interpretare una gusto giovane, quindi che sia tecnicamente competente, di stampo tradizionale, ma contemporanea nel gusto e nella predispozione a cogliere i riferimenti stilistici”

“Anche perché nella moda oggi sembra tutto un po’ imposto, o comunque c’è molta omologazione e massificazione, mentre io sono per uno stile personale, diverso, realizzato con qualità e cura, in maniera artigianale. Io cucio tutto a mano e il cliente deve saper vedere la differenza e anche riuscire a capire che non riesco a rivendere a determinati prezzi commerciali, proprio per un discorso completamente diverso che c’è a priori. Bisogna che questo il cliente lo colga”

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“Uno degli aspetti che mi interessa di più quando incontro un creativo è quello dell’ispirazione, più che creare una collezione parto dal personale: la ricerca continua è sempre su me stessa, poi uso una specifica tecnica perché voglio capire qualcosa in più di quello che ho dentro. Ad esempio il patchwork è nato in un  momento in cui stavo cercando di rimettere insieme i pezzi della mia storia individuale di pari passo con la mia vita. Parto sempre da una ricerca più intima e personale. Anche la linea “bambini” LUI E LEI: la bimba è una proiezione di me stessa che in quel momento ero un po’rigida e arrabbiata”.

“Lui e Lei, due sagome ormai diventate un classico di Confezioni Paradiso. Sono il simbolo del bambino che è in ognuno di noi, immagini che parlano direttamente al ricordo d’infanzia, senza mediazioni!”

“Poi è chiaro che in seguito queste immagini si distaccano dalla matrice. Ecco anche perché alcune volte mi viene difficile vendere, perché sono cose che fanno proprio parte di me: è come se avessi tirato fuori una parte di me che era nascosta, e a volte il distacco è un po’ doloroso. A poco a poco mi sono resa conto che è anche un lavoro e non solo creazione”

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“La Linea Cornicette: tela 1+1…un ricordo delle elementari, in particolare di un libro che si chiamava Roselline e serviva per insegnarti a disegnare ma anche a fare i conti attraverso i quadretti, per imparare a rispettare i margini. Ricami di animaletti, numeri e motivi che ricordano i disegni e i tratti dei bambini. Quando ho esposto in vetrina i primi pezzi della linea,  tante  persone hanno riconosciuto il riferimento e si sono ricollegate a quel ricordo, proprio perché faceva anche parte del loro immaginario, del loro mondo personale e così  è stato un modo di risvegliare un ricordo intimo non solo mio ma di tanta gente”

“E’ un rimosso che viene fuori: mi è sempre piaciuto il mondo del circo, il clown e l’immaginario vintage e retrò del marinaio”

“Il circo mi piaceva e nello stesso tempo mi inquietava quando ero piccola. Il mare e i marinai si ricollegano alla storia della mia  famiglia e alle mie origini. Escono fuori i mostri dell’infanzia, poi non è detto che si veda e si capisca necessariamente in quello che realizzo. Il mio modo di lavorare è molto introspettivo, così come il mio modo di vedere e vivere la casa, che dovrebbe essere uno spazio intimo e non da mettere in mostra”

Io sono colpita anche dalla linea Mano: si tratta di una stampa timbrica, ossia un  disegno che poi diventa timbro e viene stampato sui tessuti. Emanuela mi racconta che ora è molto interessata agli occhi e si sta facendo una cultura notevole sugli ex voto. E’ un piacere chiacchierare con lei: finiamo a parlare di Gaber, in particolare riflettendo sulla storia dell’uomo protagonista dello spettacolo teatrale Il Grigio; parliamo di cinema, che amiamo molto entrambe, lei nelle immagini più archetipiche e iconiche, come la corsa di Jules e Jim sul ponte, con un debole per la Nouvelle Vague; parliamo di arte ed ecco le sue preferenze per il Dadaismo e Futurismo, in cui si può già trovare moltissima ricerca sul tessile negli arazzi.

La giornata vola via veloce, fuori è già buio e arriva il momento di lasciare il laboratorio: voglio a tutti i costi un’americana a quadretti bianchi e neri, che si addice perfettamente alla mia cucina. Emanuela, gentilissima e ospitale, mi prepara in un batter d’occhio un bella confezione dal packaging sfizioso poi, sempre operosa, si rimette a lavorare “aguzzando lo sguardo sul cammino sicuro delle cesoie, puntandovi il pensiero nell’azione del tagliare, seduta con la testa bassa alle due tavole sotto le finestre per disegnare”*

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Foto di Gaia Borzicchi
*Le citazioni in corsivo sono tratte da Sorelle Materassi, Aldo Palazzeschi, Edizione 1934 Oscar Mondadori

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Confezioni Paradiso autoproduzione tessile
Bologna
confezioniparadiso@gmail.com
http://confezioniparadiso.blogspot.com

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