I gioielli di Stefano Salvetti

Stefano Salvetti: Il sarto del gioiello. Napoletano di nascita, di cui ha conservato tutta la solarità, il calore e la tradizione per il bello, abbinata alla minuziosità nelle lavorazioni tipica della sartoria partenopea.

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Parliamo del designer di gioielli Stefano Salvetti, che fin da piccolo ha acquisito dal mestiere di suo padre, stilista di calzature, l’amore per il disegno e per la qualità. Tali caratteristiche le ha poi trasmesse, dopo aver appreso i segreti della tradizione orafa, alle aziende con le quali ha collaborato.

Possiamo definirti un girovago. Stefano Salvetti, hai portato la tua arte tra Napoli, la tua città di nascita, Firenze dove hai collaborato con Dominique Aurientis, Bologna e recentemente nel 2013 in Cina aprendo uno spazio espositivo presso IBC (International, Brand, Center di Nanning).

1) Quali differenze hai riscontrato e cosa hai attinto dalle diverse città nelle quali sei stato?

Opto per una risposta secca: Napoli, passionalità vulcanica e tecnica, Firenze, amore per la moda e l’eleganza, Bologna rilassatezza e spensieratezza universitaria…potrei aggiungere molte altre città che conosco bene come Bangkok, spiritualità e rispetto, Rio de Janeiro, gioia di vivere ogni singolo momento della vita.

2) Nel tuo curriculum puoi annoverare collaborazioni con aziende illustri, tra le quali Salvatore Ferragamo, Cielo Venezia 1270 e Morellato, per lanciare infine nel 2011 la tua prima collezione. Cosa ti ha portato a decidere di entrare nel mercato in maniera indipendente e quali difficoltà hai avuto?

Questo progetto nasce solo dalla stima tangibile che i miei fornitori, il mio socio e la mia famiglia mi hanno sempre dimostrato, solo questo è stato il motore di tutto. Senza il loro supporto non avrei mai avuto la forza di affrontare le tante difficoltà che si incontrano quotidianamente, dalla gestione finanziaria, alla produzione, alla logistica.

3) Nonostante il tuo recente ingresso come marchio, hai già avuto numerosi riconoscimenti tra cui l’acquisto della tua collezione da parte dello stilista inglese Paul Smith, che ha deciso di inserirti nella sua boutique più importante di Nottingham. Successivamente nel 2013 è nata la tua collaborazione con lo Showroom One in Oxford Street a Londra. Quale è stata la tua sensazione?

Sono sempre stato poco mondano, cerco di restare dietro le quinte, cioè negli atelier dei miei fornitori. Quindi tutte le volte che sento apprezzamenti positivi o ricevo delle conferme al mio lavoro ne sono assolutamente lusingato, arrossisco e abbasso gli occhi. Credo che il consenso da parte dei clienti finali sia per me la più grande soddisfazione, che paga tutta la fatica nascosta.

4) Puoi illustrarci in sintesi il processo del tuo lavoro? Dalla ideazione alla esecuzione?

Dopo quasi venti anni di consulenza ed esperienza in laboratori orafi, tutto quello che faccio oggi nasce molto spontaneamente. Mentre disegno ho già in mente quello che voglio realizzare e come tecnicamente deve essere prodotto. Disegno ancora a mano libera per il puro piacere di avere un momento intimo con la superficie bianca che accoglie i miei pensieri e alla quale servo grande rispetto.

5) I tuoi studi di architettura si notano molto nelle tue creazioni: è per tanto una fonte di ispirazione continua? Come definiresti il tuo stile?

Fin dall’età di 5 anni volevo fare l’architetto. Le geometrie mi affascinano da sempre, tutto quello che ci circonda in natura, anche le forme più complesse, sono riconducibili ad un disegno geometrico e quindi credo che i miei studi siano stati fondamentali per il mio lavoro. Lo stile che ne nasce è un melting pot tra questa base, le personali esperienze di vita e le passioni che vivo durante i miei viaggi.

collezione IRA fondo bianco

6) C’è una collezione alla quale sei legato in maniera particolare oppure ad un materiale? Se si perché?

Amo tutti i materiali e le sfide che offrono, spesso ho sviluppato per i miei clienti delle collezioni speciali con materiali innovativi, ma sicuramente è innegabile il mio amore per il metallo e tutte le sue possibili interpretazioni. La collezione che meglio rappresenta il mio lavoro è sicuramente RIO, perché, se pure dalle forme pulite, è estremamente complessa nella realizzazione tecnica dello smalto che forma degli angoli vivi, quasi sfidando le possibilità reali che la tecnica offre e poi perché vuole essere un piccolissimo e personale omaggio al grande archistar Oscar Niemeyer, che amo da sempre e a Rio de Janeiro che, tanto simile a Napoli, mi ha adottato fin dal primo momento.

7) Personalmente, dato che amo moltissimo la cultura asiatica, apprezzo particolarmente la tua collezione IRA, ispirata alle foglie di Ginkgo. Come trova applicazione o meglio quale è il connubio tra la tua estetica e quella nipponica?

Sinceramente, pur essendo stato molte volte in Asia, non ho mai visitato il Giappone e quindi non sento di poter dare un parere oggettivo, ma sono affascinato dalla cura assoluta per la qualità ed i dettagli, sempre ricchi di significati ancestrali che si trovano nell’arte giapponese.

8) Puoi anticiparci qualche tuo progetto futuro?

In questi giorni stiamo iniziando una collaborazione con un importante distributore che ha showroom a Shanghai, Singapore, Tokio, Hong Kong e attraverso anche attività fieristiche, si occuperà della distribuzione del nostro prodotto in tutta l’Asia. Spero che questa nuova avventura possa consentire al marchio una migliore penetrazione in quei paesi dove la qualità o lo stile Made in Italy è ancora molto apprezzato.

9) Consigli per chi vuole entrare nel campo?

Spesso i miei allievi di design del gioiello mi pongono la stessa domanda e rispondo sempre che questo è un settore molto difficile e alla lunga se non hai tecnica, rigore e creatività non si ottiene molto, quindi se ci si avvicina a questo campo lo si deve fare con grande umiltà perché, per esperienza, posso dire che si impara tanto soprattutto da chi veramente mette le mani per realizzare con passione e sapienza i gioielli che noi disegniamo. Poi c’è l’ingrediente fondamentale che più paga in questo momento storico ed è una grande realtà: SOGNARE, perché solo sognando si può realizzare il nostro personale percorso.

Grazie per la disponibilità Stefano Salvetti.

Intervista di Alberto Messina

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