Jimmy’s Hall, una storia d’amore e libertà

Nel 1921 Jimmy Gralton costruisce una sala da ballo, la Jimmy’s Hall, in un incrocio di campagna nell’Irlanda sull’orlo della Guerra civile:

la Pearse-Connolly Hall è un locale dove i giovani possono andare per imparare, discutere, sognare, ma soprattutto per ballare e divertirsi.

Giorno dopo giorno, questo posto diventa sempre più affollato e popolare, finché la sua fama di ritrovo di socialisti e liberi pensatori arriva alle orecchie della Chiesa e dei politici, che alla fine costringono Jimmy a fuggire in America e la sala da ballo a chiudere.

Dieci anni dopo, nel pieno della Grande Depressione, Jimmy torna nella Contea di Leitrim per prendersi cura di sua madre Alice, deciso a condurre una vita tranquilla, anche se in fondo rimane sempre un attivista, un leader: la sala da ballo è ormai chiusa, Oonagh, il suo primo amore ormai è sposata.

I giovani del luogo hanno sentito molto parlare della sala e insistono affinché Jimmy la riapra, con il passare del tempo, vedendo la  povertà e l’oppressione culturale che affliggono la sua comunità, l’attivista che è in lui prende il sopravvento e torna a combattere. Così, decide di riaprire la sala, costi quello che costi, suscitando la forte opposizione di Padre Sheridan e non solo.

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Ken Loach torna nelle sale italiane dal 18 dicembre 2014 con un’opera appassionante in cui ritroviamo tutti i suoi argomenti preferiti: ci racconta, in un intreccio sapiente di politica, società, religione, lotta per i diritti, la storia di Jimmy Gralton (interpretato dall’attore Barry Ward) l’unico irlandese espulso dal suo paese come immigrato clandestino senza processo, nel 1933. Ambientato una decina di anni dopo “Il Vento che accarezza l’erba”, il film da un certo punto di vista si pone come una sua naturale prosecuzione, anche se non ne è il sequel.

“Il film si ispira alla vita di Jimmy Gralton, un personaggio realmente esistito di cui purtroppo non si sa molto. Ed è un peccato, perché Jimmy è stato certamente un uomo straordinario. D’altra parte, questo ci ha consentito di immaginare la sua vita privata e le ragioni alla base delle drammatiche scelte che ha dovuto fare. Volevamo offrire al pubblico un personaggio credibile, raccontare l’uomo a tutto tondo, non solo l’attivista politico.”

“E’ un equilibrio molto difficile da raggiungere, e di solito bisogna concentrarsi sui particolari. Per esempio, poteva avere una relazione sentimentale? E se sì, di che tipo? Aveva dei segreti? Quali? Non volevamo che i sacerdoti sembrassero delle caricature: un rischio che avremmo corso se ci fossimo limitati a fare una trasposizione cinematografica dei fatti storicamente accertati.”

“Era più interessante immaginare un sacerdote ferocemente spietato nella sua ostilità, ma anche capace di rispettare e ammirare l’integrità del suo avversario. Jimmy aveva delle grandi qualità che un religioso non poteva ignorare. Insomma, abbiamo cercato di dare uno spessore ai personaggi, ma senza mai tradire la realtà dei fatti…”

“E’ una storia che offre moltissimi spunti…Tanto per cominciare, contraddice l’idea di una sinistra cupa e deprimente, nemica del divertimento e della gioia di vivere. Poi, dimostra come la religione organizzata tenda a coalizzarsi con il potere economico: lo ha fatto nel caso di Jimmy Gralton e continua a farlo…”

(Ken Loach)

Presentato al Festival di Cannes 2014, dove ha avuto un lunghissimo applauso, il film è una storia commovente sulla libertà: Paul Laverty, abituale sceneggiatore di Loach, afferma di essere rimasto estremamente colpito – leggendo la storia di Jimmy e informandosi tramite varie fonti storiche e sopralluoghi – dallo sforzo collettivo, volontario e gratuito, compiuto da un’intera comunità per costruire una sala da ballo, dove la gente potesse incontrarsi per discutere, pensare, studiare, tenere corsi e, naturalmente, cantare e ballare senza interferenze, neppure da parte della Chiesa e dello Stato, all’epoca saldamente alleati. 

Era una giornata grigia e piovosa di gennaio, e l’unico suono era quello prodotto dalle cornacchie appollaiate sugli alberi vicini. Ma lentamente, nella mia immaginazione, ho cominciato a sentire il rumore dei passi di danza e la musica che arrivava da un tempo lontano. Non ho potuto fare a meno di sorridere pensando alle armi segrete di Jimmy nella sua battaglia contro il grigiore e l’apatia: l’elegante grammofono portato dagli Stati Uniti e la sua collezione di dischi. C’era gente pronta a farsi cinquanta chilometri in bicicletta per ascoltare l’ultimo disco americano, mentre i parroci locali tuonavano contro la musica del diavolo…”

“L’immagine che sembra emergere dalle fonti è quella di un uomo generoso, che aveva girato il mondo e vissuto una vita piena, e che voleva portare la sua esperienza – il meglio di quello che aveva visto e imparato – in questa piccola e modesta sala da ballo, a un incrocio di campagna, a pochi passi dalla casa in cui era nato. Aveva fatto il soldato, il marinaio, il minatore, lo scaricatore di porto, il tassista, il barista e chissà che altro.”

“Aveva lasciato la scuola a 14 anni, ma a giudicare da quello che si racconta e da come scriveva e parlava, doveva essere un uomo che leggeva e studiava. Aveva una lingua tagliente e certamente questo gli creò non pochi problemi…Era un uomo molto impegnato politicamente e un comunista convinto, ma sapeva che abbiamo bisogno di nutrimenti diversi oltre all’impegno, come il divertimento e la compagnia dei nostri simili…” 

(Paul Laverty)

La sala da ballo nel film è stata ricostruita sul posto, nella contea di Leitrimanche per sottolineare l’importanza del paesaggio circostante, la campagna di quella parte di Irlanda, la vita dei suoi abitanti, le paludi, la nebbia, e secondo il regista britannico, rappresenta alla perfezione l’incarnazione di uno spirito libero.

Così come la musica e la danza ci permettono di essere liberi e di esprimerci. E  dovremmo ricordare più spesso che quello che abbiamo oggi in passato non era poi così ovvio.

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