Suggestioni dal ROBOT 07.1°

E piove. Oggi, primo ottobre 2014, il tempo battezza con una cascata d’acqua la prima giornata della settima edizione del roBOt Festival, di cui vi abbiamo già parlato in questo blog. Nonostante ciò, come preannunciatovi, stiamo seguendo fedelmente il nostro intento di realizzare, in presa diretta, un mini reportage di quello che è stato definito dagli addetti del settore:

“uno degli eventi più interessanti a livello internazionale nel campo della musica digitale”

In Sala Borsa (il palazzo storico dove appunto era situata la Borsa e che nel 2001 è stato convertito in Biblioteca Multimediale) Maria Grazia Canu, la responsabile dell’ Ufficio stampa & Comunicazione presso roBOt Festival, attende coloro che dovranno effettuare l’accredito stampa per poter accedere alle numerose iniziative del festival.

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Che dire? Completamente bagnato, con la giacca in fresco di lana talmente zuppa da emettere odore di “capra” (giusto
per darvi una idea precisa del momento) e con al polso del mio braccio destro la fascetta di identificazione che mi permetterà di accedere ai retroscena di questa iniziativa, mi accingo insieme alla mia collega (molto più chic di me, lo ammetto…non si è beccata la pioggia!) ad assistere al primo evento ufficiale della giornata.

Nel salone del Podestà, all’interno del meraviglioso Palazzo Re Enzo di Bologna, è stata allestita la proiezione dello screening “La Distancia” di Sergio Caballero, prodotto da Advanced Music ed ultimo progetto realizzato dal Sónar – Festival Internazionale di Musica Elettronica e Nuova Arte Digitale– del 2012 e anteprima assoluta italiana. Non conoscendo la produzione di questo regista, né quali sono gli intenti che spingono le sue scelte artistiche, non reputo sensato dare la mia opinione su codesto movie. Preferisco condividere con Voi quelle che sono le mie impressioni soggettive e per tanto discutibili.
Mi è parso di capire, data la scelta linguistica originale del film, ovvero un mix di russo, tedesco e giapponese (con sottotitoli in lingua inglese) che Caballero abbia voluto esplorare le sonorità – tra similitudini, assonanze e dissonanze – della lingua di alcune culture.Ad avvalorare questa mia ipotesi, trovo interessante notare quale sia il mezzo espressivo usato dai protagonisti per comunicare tra loro.

I tre nani, soggetti del film insieme al matematico dalla maschera di cera (che porta alla mia memoria l’antica figura del Golem di cultura ebraica), si esprimono per via telepatica.

Data questa caratteristica, il regista avrebbe potuto usare solo i sottotitoli invece ha optato ugualmente per il sonoro, enfatizzando così quanto detto precedentemente. Inoltre la figura del matematico, che passa le sue giornate su lavagne piene di calcoli anche se dotato dell’uso della parola, preferisce usare la lingua scientifica per comunicare, anche essa una lingua inusuale.

Proprio per l’aspetto estetico (la maschera che più che di cera sembra di argilla) e anche perché nella Bibbia il Golem aveva lo scopo di comporre e scomporre i numeri e le lettere dell’alfabeto ebraico – in particolare quelle che compongono il nome di Dio, per giungere alla verità (nel film i calcoli servono per riuscire a colmare la “verità” della “distancia”) – vi trovo una interessante similitudine.

La trama del film a carattere visionario e a tratti surreale, sembra essere meno rilevante rispetto al filone “sonoro” che conduce lo spettatore attraverso la storia, il cui tempo è scandito dal fischio della sirena di una vecchia e abbandonata centrale elettrica situata nella steppa siberiana, che immancabilmente suona ad ogni inizio di giornata e che è lo scenario perfetto del film.

Assistiamo così, tra le magnifiche scene curate dal direttore della fotografia Marc Gomèz Del Moral che contribuiscono, secondo me, a creare quell’aura suggestiva rarefatta, surreale e al contempo decadente che permane lo screening, alla settimana necessaria a colmare la “distancia” da “l’obiettivo” da raggiungere. I nani conquisteranno il loro obiettivo, una sorta di “apertura spazio temporale” dalla quale si vedrà aprirsi una metropoli modernissima o meglio Tokyo, terminando così il loro scopo.

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Un’ultima premessa mi è dovuta, io reputo che la metropoli sia la capitale nipponica, non solo per un mio riconoscimento della città dallo spezzone in questione, ma anche per una piccola annotazione che ho scorto nel film. In un paio di scene i nani si nutrono con una mortadella che porta il marchio Yoko Ono e che, secondo me, si rifà alla cantautrice natia di Tokyo e naturalizzata americana, portandomi così ad alcuni piccoli escamotage presenti nel film.

A seguire la proiezione dello screening “Elektro Moskva” mi porta, di comune accordo con la mia collega, ad allontanarmi dalla sala a causa di un crampo alla gamba e alla mia incapacità ad assistere a due film da 80′ minuti e più l’uno, per andare in giro presso il Palazzo Re Enzo per vedere cosa mi offre questa settima edizione del roBOt Festival.

Ed è così che…continuate a seguirci su queste pagine per sapere il resto, perché ora mi attende la seconda giornata con nuovi appuntamenti e incontri con personaggi che saranno nuovamente presenti “on stage”.

Ø
Recensione a cura di Alberto Messina
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.Suggestioni dal ROBOT 07.2 (Overtime)