Un altro me di Claudio Casazza

Il documentario Un altro me di Claudio Casazza, frutto di due anni di lavoro ed elaborato da oltre 200 ore di riprese, segue l’evolversi dei colloqui nel carcere di Bollate.

Incontri tra un gruppo di uomini che hanno commesso violenze sessuali e l’unica equipe in Italia che da oltre un decennio porta avanti il primo Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali.

Un tema complesso e dei protagonisti inusuali: gli uomini, in uno scontro-incontro con criminologi e psicologi che lavorano per un cambiamento. Mostrando che è possibile.

A Bologna mercoledì 8 febbraio 2017 al Cinema Lumière è in programma la presentazione di “Un altro me” di Claudio Casazza, prodotto da GraffitiDoc con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Piemonte Doc Film Fund: già vincitore del Premio del Pubblico al 57° Festival dei Popoli, <<per la sua capacità di raccontare un universo disturbante focalizzandosi senza giudizio sulle persone che lo abitano>> – dove è stato presentato in anteprima mondiale il 25 novembre 2016 non a caso nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – il documentario, dopo essere stato selezionato alla IV edizione de Il Mese del Documentario e del 28° Trieste Film Festival, continua il suo percorso nelle sale italiane, attirando l’attenzione su un tema tanto delicato e difficile quanto necessario.

Sergio, Gianni, Giuseppe, Valentino, Carlo, Enrique, sono tra i condannati per reati sessuali, definiti ‘infami’ nel gergo carcerario, che, una volta usciti dopo anni o mesi di isolamento in carcere, rischiano di commettere nuovamente lo stesso crimine.

Un’equipe di psicologi, criminologi e terapeuti sta portando avanti anche con loro il primo esperimento in Italia per evitare il rischio che le violenze siano compiute ancora. Un anno accanto a loro per capire chi sono, cosa pensano e quali sono le dinamiche profonde di chi ha commesso un reato sessuale. E mostrare che un cambiamento è possibile.

L’Unità di trattamento per Autori di reati sessuali a Bollate rappresenta il primo tentativo di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali nella realtà penitenziaria italiana e inizia ad operare nel settembre 2005.

L’equipe è costituita da diverse figure professionali, quali criminologi, psicologi, educatori, psicodiagnosti e un’arteterapeuta e i suoi interventi realizzati in ambito penitenziario sono una forma di prevenzione orientata prevalentemente alla riduzione della recidiva e al miglioramento della qualità della vita dell’individuo.

I fondamenti teorici risiedono nelle trentennali esperienze statunitensi e canadesi culminate nel Good Lives Models (GLM), il quadro teorico di riferimento adottato a livello internazionale nei trattamenti con i sex offenders. Prevede una sottoscrizione da parte del detenuto e incontri quotidiani con l’equipe per circa un anno. Il monitoraggio continua anche dopo la scarcerazione grazie al Presidio Criminologico Territoriale.

La sopravvivenza e continuità di progetti come questi sono però sempre minacciate dall’esiguità dei fondi a disposizione, nonostante la loro dimostrata efficacia anche in termini di economicità. Ad oggi dei 248 uomini seguiti solo 7 hanno compiuto nuovamente un reato.

Il regista Claudio Casazza (Milano, 1977) – del quale ricordiamo, tra i precedenti lavori, HABITAT [PIAVOLI], ritratto del regista Franco Piavoli, in concorso a ItalianaDoc al Torino Film Festival, realizzato nel 2013 con Luca Ferri e la partecipazione al film collettivo Capulcuì-Voices from Gezi Park (2014), sulle proteste a Istanbul, che ha vinto premi in numerosi festival, tra i quali il Festival di Salonicco, Cinemambiente e Docucity Milano – ha seguito un anno di lavoro tra l’equipe dell’Unità di Trattamento Intensificato per Autori di Reato Sessuale del CIPM e i detenuti “abitando” i luoghi delle riprese e girando con una troupe minima per evitare di interferire con quanta accadeva.

<<Ho deciso di fare questo documentario dopo aver assistito a un incontro aperto di due ore tra i condannati e gli operatori che fanno parte del progetto e aver visto, da entrambe le parti, l’incredibile materiale umano che avevo di fronte. Per le riprese, ho scelto di non sapere che tipo di reati avevano commesso i detenuti che filmavo nel percorso di trattamento per restare il più possibile aperto, senza pregiudizi e senza avere già delle sentenze in mano.>>

<<E volevo che questo atteggiamento si riflettesse nel film. Credo che il documentario non rappresenti solo un dialogo a due che si instaura tra condannati e terapeuti, ma è costantemente un dialogo anche con lo spettatore perché ciascuno possa farsi delle domande, avere il proprio percorso di consapevolezza e trarne le considerazioni che vuole. Pur non potendo evitare di trattare realtà dure e dolorose, ho voluto togliere qualsiasi dettaglio che potesse apparire voyeuristico, per costruire un territorio aperto nel quale ciascuno possa riflettere su un reato che sebbene sembri sotto gli occhi di tutti, rimane per lo più sommerso, taciuto e troppo poco compreso>>

<<L’aspetto più complesso che volevo fortemente mantenere era un rapporto di equilibrio tra gli autori di reati sessuali e l’istituzione che li tratta ponendomi virtualmente “al centro della stanza”. Scrivendo il film dopo le riprese, ho deciso di far emergere dei macro temi: la fiducia che permette di mettersi in discussione; gli stereotipi su di sé e la realtà; la relazione con l’altro; la consapevolezza verso il proprio reato e del danno alle vittime; la presa di coscienza o meno. Di circa 200 ore di girato, è stato fatto un lavoro di costante sottrazione durato circa 1 anno di cui 4 mesi di montaggio puro per restituire questo equilibrio e offrire una piena luce su questi temi>>

‘Un altro me’ di Claudio Casazza_trailer from GraffitiDoc on Vimeo.

<<Pur essendo girato interamente all’interno del Carcere di Bollate, ho voluto togliere tutti gli aspetti che lo denotassero come “un film carcerario” per concentrare l’attenzione sull’universo umano, sulla narrazione nel suo evolversi e sul lavoro che le persone facevano su di sé. Visivamente il film è un alternarsi di fuoco e di fuori fuoco, utilizzato in primo luogo per trasmettere quel senso di “lontananza” da sé che i detenuti hanno verso se stessi e in particolare verso il reato che hanno commesso, ma la funzione del fuori fuoco è anche quella di proteggere lo spettatore da quel mondo disturbato e dalla crudezza di quegli atti>>

(Claudio Casazza)

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Cinema Lumière
Mercoledì 8 febbraio 2017
Ore 18.00 – INCONTRO CON IL REGISTA
Sala Officinema/Mastroianni
Via Azzo Gardino 65
info: www.cinetecadibologna.it/vedere/programmazione/

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