Magnus, incontro con Luca Baldazzi

Incontro con Luca Baldazzi, uno dei protagonisti del film “Ho conosciuto Magnus” di P.F. Angelini, presentato in anteprima assoluta al Biografilm 2016. 

Diventerà un film cult per tutti i “fumettari” e non solo, ne siamo certe: nel ventennale della sua scomparsa anche la 12° edizione del Biografilm ha omaggiato il grande maestro bolognese Roberto Raviola (1939-1996) in arte MAGNUS, grazie all’opera di Paolo Fiore Angelini, che – attraverso le sue indimenticabili storie e le testimonianze di chi lo ha conosciuto – ne restituisce un ritratto potente e appassionato, dal quale emerge una figura sfuggente e impossibile da catalogare, se non come grande artista a tutto tondo, dall’identità multiforme, sfaccettata e a tratti misteriosa.

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La storia si presenta scandita in tre tappe fondamentali, tre momenti della sua vita privata che appaiono legati molto più di quanto si creda a tre periodi artistici differenziati e associati a tre dei suoi più noti personaggi: la giovinezza e il successo di Alan Ford; la maturità artistica e l’enigma de Lo Sconosciuto; l’età del totale isolamento e il Tex de La valle del terrore.

Dunque un vero e proprio viaggio nella produzione artistica di Magnus, ma anche in quella che è la sua sfera privata: due dimensioni che si muovono di pari passo e si intrecciano continuamente.

Il film è avvolto da questa atmosfera sospesa, inafferrabile, ineffabile, quasi misteriosa, alternando realtà e fantasia, fino a confonderle e a miscelare senza soluzione di continuità il mondo creativo di Magnus e la sua vita privata, lasciando intendere che forse è impossibile definire dove inizi l’uno e finisca l’altra. Ci chiediamo se poi alla fine sia forse un po’così per tutti i grandi artisti: siamo noi che cerchiamo a tutti i costi una descrizione della loro vita, una definizione, una sorta di razionalizzazione, ma alla fine  non è che poi non c’è davvero alcun grado di separazione in costoro tra arte e vita? 

Per saperne di più abbiamo incontrato Luca Baldazzi, critico, studioso, editor di una delle case editrici italiane di fumetti più interessanti, ossia Coconino Press, curatore della ricca mostra “Magnus e l’altrove, Favole Oriente Leggende”, presentata alla Fondazione del Monte di Bologna da novembre 2015 a gennaio 2016 e infine uno dei protagonisti del film, che con le sue constatazioni e supposizioni alimenta un’indagine appassionata tra immaginario, follia e talento di uno uomo in ogni caso straordinario.

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1) Ciao Luca, noi ci conosciamo da tempo ormai e tu sei uno di quelli che hanno subito creduto in FashionBeginners 😉 Di questo ti ringrazio e perciò mi ritengo autorizzata a scatenarmi, lasciando campo libero a tutte le  mie curiosità… Sono anche io una fumettara e tu lo sai, principalmente sono una “Pazienzana” e ammetto di non conoscere a fondo l’opera e la figura di Magnus, ma questo film mi ha incuriosito tantissimo e voglio saperne di più… 

“Ho conosciuto Magnus” è un film in realtà sull’inconoscibilità dell’uomo dietro all’autore, un autore con un universo estremamente variegato, che ha sperimentato un mix di generi diversi, dal nero all’erotico al fantasy, all’horror fantascientifico al western umoristico, e questo è in primis un aspetto peculiare e di differenziazione nel fumetto popolare, anche se lui ovviamente non è stato l’unico. Però quasi sempre si rimane legati a un solo o pochi personaggi e a un genere specifico.

Magnus ha variato davvero moltissimo, contaminando, e i suo cambi di prospettiva sono misteriosi: ha cominciato con Kriminal e Satanik, rispettivamente nel 1964 e 1965, avendo subito un grande successo. Su storie di Max Buncher, si trattava di fumetti di sicuro forti e violenti per l’epoca in questione. Poi è passato ad Alan Ford nel 1969 fino al ’75 circa: sempre un fumetto seriale, di altrettanto grande successo. Lui lavorava a ritmi altissimi, guadagnava molto bene, era popolare. Si trovava a Milano alla Casa Editrice Corno, che tra l’altro è l’editore che portò in Italia i Super Eroi della Marvel proprio in quel periodo.

E poi cosa succede? Forse si stanca di questa situazione, desidera lavorare a storie sue e torna a Bologna, la sua città, per dedicarsi ad un lavoro per forza di cose più lento e che è anche una sorta di scelta antieconomica: non hai una sceneggiatura pronta, devi idearla, fare ricerche ecc. ecc. C’è un’evoluzione molto precisa in questo  momento, che conduce successivamente alla nascita de “Lo Sconosciuto” che secondo me è il personaggio più vicino a Magnus, il quale non era di certo un tipo mondano, che andava in giro per Festival e presentazioni:

lui si annullava nel suo lavoro, era letteralmente ossessionato dal disegno, un perfezionista assoluto.

Tutti gli illustratori e fumettisti fanno un grosso lavoro di documentazione, ma oggi con internet sono un po’ più agevolati. Pensa che Magnus per fare il famoso Texone” si fece procurare un catalogo tipo Postalmarket di un commerciante americano dell’epoca del west, in cui erano raffigurati tutti i gli oggetti, dagli armadi, ai soprammobili, alle pistole. Insomma lui fa fumetto d’autore. Riprendendo la famosa frase di Hokusai, che si definì “il vecchio pazzo per la pittura”, lui si definì “pazzo per il fumetto”. 

2) Mi sembra di intuire che Magnus sia il tuo autore preferito. Quale è l’aspetto della sua personalità che ti affascina di più? 

Di sicura è tra i primi 5 posti della mia classifica! L’aspetto che mi affascina di più è la sua totale ossessione per un lavoro che all’epoca non era poi così valutato – nel migliore dei casi era considerato un genere minore – non era così apprezzato e rivalutato come oggi di sicuro. E da ciò ne consegue il grandissimo rispetto che lui aveva per il lettore, per il suo pubblico. Questo è molto bello. 

3) Lavorando in questo modo così minuzioso e dettagliato impiegava quindi tantissimo tempo: questo non è difficile da conciliare con i ritmi della produzione seriale?  

Il primo ciclo dello “Sconosciuto” è composto da sei albi, quindi sempre produzione seriale sì, ma non sempre riusciva a rispettare la periodicità. Lui però pensava che fosse giusto così. C’è un pò la leggenda che lui fosse lento, perché per il “Tex” di Bonelli ci ha messo sette anni per 224 tavole dettagliatissime, ma secondo me in realtà era veloce! Ci ha messo questo tempo proprio per la ricercatezza e l’obiettivo di voler disegnare un western in modo realistico, affinché il lettore potesse immergersi nella storia totalmente.

Per dire, lui era il tipo che usciva di notte nel bosco per vedere come la luce della luna cadeva sulla foglia.

(NdR: leggete a tal proposito l’esilarante racconto al Magnus Day 2013 dello sceneggiatore di Tex Claudio Nizzi sulla sua collaborazione con Magnus: www.nicoladagostino.net/claudio-nizzi-al-magnus-day-2013).

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4) Era davvero un Grande. A proposito, perché si firmava Magnus? 

Dopo il Liceo Artistico si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Bologna a Scenografia e poi a Decorazione e  infatti questo aspetto emerge moltissimo nei suoi fumetti,  in cui è attentissimo allo spazio e alla collocazione degli oggetti nello spazio. Aveva amici goliardi che facevano parte della Balla dell’Oca, i quali iniziarono a chiamarlo con lo pseudonimo di Magnus: questo gruppo si trovava sempre alla Buca delle Campane e passava lì le nottate, tra chiacchiere, vino e poesie, mentre lui era l’artista dell’allegra brigata e affrescava le pareti dell’osteria firmandosi “Magnus pictor fecit.

5) Come è nato il progetto del film e l’idea della tua partecipazione? 

Nasce come progetto parallelo della mostra, che abbiamo pensato in occasione del ventennale della morte. Paolo Fiore mi ha contattato inizialmente come consulente, ma poi quasi subito mi ha chiesto anche di entrare direttamente nella storia, di essere tra i protagonisti del film. Si è pensato ad un documentario con una cornice di fiction: così come il percorso di Magnus è stato molto sperimentale, Angelini ha pensato il film al di fuori di una categoria specifica, tra doc, finzione, biopic e fumetto, sperimentando un nuovo linguaggio. Io con il pretesto della mostra da curare, vado in giro a fare domande a coloro che lo hanno conosciuto – tra cui la moglie Margherita, il disegnatore Giovanni Romanini, lo sceneggiatore Claudio Nizzi, i critici Andrea Plazzi, Giulio Cesare Cuccolini, gli amici Sara Spisni, Sergio Tisselli, Maurizio Rovinetti, Renato Spolaore, Fabio Testoni – faccio un po’ la parte dell’investigatore segreto, dando il via allo spunto narrativo, in cui la verità definitiva sembra alla fine sempre più lontana.

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6) E’ la prima volta che interpreti un film, seppure nel ruolo di te stesso. Come è stata questa prima esperienza? 

È stato molto divertente. Vedi come si fa il cinema dall’interno. Poi si è creato un bel gruppo, proprio perché nessuno di noi è un attore. Puoi avere il timore di apparire forzato durante i primi incontri con la videocamera, ma voglio dire che Paolo è stato molto bravo, perché ci chiedeva solo di essere noi stessi, quindi ci ha messo a nostro agio, senza essere particolarmente invasivo. Io dopo un po’ mi dimenticavo che c’era. Penso che siamo stati tutti molto naturali. All’inizio sì, avevo un po’ di paura e mi era venuto in mente di restarne fuori, partecipando solo come consulente, ma poi il clima era tale che le mie remore sono scomparse. Ci incontravamo e parlavamo di Magnus, così come ne sto parlando ora con te. E’ stato sì impegnativo, perché abbiamo girato tanto, in estate e con il caldo afoso ! Ma ne è decisamente valsa la pena! 

7) Ho notato che nella sceneggiatura di Angelini ogni periodo della vita di Magnus viene posto in corrispondenza non solo con uno dei suoi personaggi cult, ma anche con  una donna, una relazione. Come dire, anche l’amore procede di passo con la sua ricerca? 

Lui si definiva il Viandante, infatti ad un certo punto ha iniziato a firmarsi con l’esagramma 56 dell’I Ching, il Libro cinese dei mutamenti: simbolo che rappresenta il Viandante ossia “colui che non smette mai di cercare”. Un tratto assolutamente affascinante della sua vita privata e artistica, un’attitudine che ti comporta di cambiare sempre e che necessariamente comporta delle scelte e delle separazioni. Paolo leggendo la sua biografia  ha notato anche che ci sono state tre donne fondamentali nella sua vita. Nel film c’è la sua seconda moglie Margherita: si sono conosciuti all’Osteria del Moretto alla fine del periodo di Alan Ford, intorno ai primi anni ’70. 

8) La sua ultima grande opera è il Tex Willer di grande formato-appunto chiamato il Texone– della Sergio Bonelli che è considerato il suo testamento, in quanto realizzato negli ultimi anni di vita, quando decise inoltre di trasferirsi a Castel del Rio. Questo momento della sua vita si riflette ancora una volta nel lavoro? 

Gli piaceva molto la natura selvaggia. La valle del terrore” è un Tex speciale. L’editor- ossia Sergio Bonelli- racconta che  lo commissionò a Magnus credendo che ci avrebbe messo almeno tre anni, su sceneggiatura di Claudio Nizzi. Come ti anticipavo prima, ce ne ha messi ben sette. Secondo me rappresenta una sorta di percorso circolare: ha iniziato con il disegnare i personaggi degli altri, poi si è dedicato ai suoi, poi ha concluso la sua straordinaria carriera tornando a quelli degli altri. Per lui era importante mettersi al servizio dell’Eroe e accettare sempre nuove sfide. Qui accetta la sfida tenendo in grande rispetto il mondo western, gli autori che prima di lui lo hanno fatto e il suo pubblico. Si trasferisce a Castel del Rio– dove lo chiamano ancora oggi “il nostro pittore”- e si faceva queste lunghe passeggiate con grandi cappelli di paglia tenendo per le briglie un cavallo (ma non montava mai su!) proprio per immedesimarsi meglio. Lui viveva completamente nelle storie che raccontava, nei mondi che creava.

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9) Infatti,  mi sembra che nel film la moglie Margherita racconta di  una volta in cui era tornata prima a casa e sentiva provenire dallo studio di Magnus suoni e voci diverse, tanto da pensare che ci fossero ospiti. Invece poi è entrata e non c’era nessuno, solo lui che disegnava. Questo perché lui animava davvero il mondo che abitava nella sua mente. Mi ha colpito molto questo particolare. E’ stato indubbiamente un grande artista. 

E un grande mistero dal punto di vista umano principalmente. Il titolo del film è poi volutamente in contrasto con la tesi di fondo ossia: c’è sempre qualcosa che ci sfugge, e questo è normale in tutti noi sì ma qui sembra davvero che Magnus sia stato un uomo particolarmente enigmatico. Traspare la cifra di una sorta di inquietudine di fondo, un’attitudine continua di ricerca e di nuovi stimoli. Forse amava di più stare nei modi fantastici che disegnava piuttosto che nella vita reale.  

Ad esempio, quello del fumettista è un lavoro solitario e proprio fisico, ma lui amava anche andare in Osteria con gli amici – frequentava l’Osteria del Sole e Il Moretto – e come lo raccontano ancora oggi non era particolarmente estroverso, anzi un po’ schivo, ma ironico e brillante. Però aveva bisogno di aver molto tempo per sé e i suoi mille mondi. La sua eccezionalità è tutta nella sua arte. 

10) Domandone finale: quale è il tuo personaggio preferito e quale è la donna più figa nei fumetti di Magnus? 

“Lo Sconosciuto” e poi amo tantissimo alcune storie de “Le femmine incantate”, racconti brevi pubblicati su rivista, ispirati a fiabe cinesi della fine del ‘600. “Lo Sconosciuto” secondo me è quello “più lui” e poi è un bellissimo noir all’avanguardia per il suo tempo, ambientato anche in Italia con forti elementi di attualità di quella che è la nostra storia degli anni ’70. Poi “Lo Sconosciuto” è l’unico personaggio che dopo anni riprende e redime, lui “lo amava e lo odiava”. 

Per le donna… il primo posto va a “Satanik”, una scienziata frustrata e bruttina che si trasforma in una strega mangiauomini e assassina. Al secondo posto metto le donne de “Le 110 pillole” – la sua opera erotica più esplicita, tratta dal “Chin P’ing  Mei, Fiore di prugno del vaso d’oro’’, un romanzo erotico cinese del XVI, che racconta la  storia del ricco farmacista libertino Hsi Men Ch’ing e delle sue sei mogli – e in particolare la prima moglie, Madama Luna, perché è l’unica che lo ama veramente e di cui lui secondo me è veramente innamorato. Ah, ecco.. poi c’è Milady… che dimenticanza da parte mia, accidenti! Amo anche lei alla follia, ovviamente…

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11) Hai altri progetti in cantiere sul nostro inconoscibile Maestro? 

Il film di sicuro seguirà un suo percorso e la mostra ha avuto un grande successo: entrambi hanno riacceso fortissimo l’interesse per Magnus, tanto che sono saltati fuori molti altri collezionisti rispetto a quelli che già conoscevo-ci sono delle rarità in giro, guarda i collezionisti sono davvero una miniera, altro che me!-e anche tante tavole inedite del primo Magnus… Quindi che dire? Stiamo lavorando… 

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Grazie! Concludo, dando voce proprio a Magnus, pazzo per il fumetto fin da bambino, che forse ha voluto lasciare appositamente “uno spazio vuoto” come alla fine della sua Autobiografia a fumetti e in un certo senso ci ha già dato lui stesso la risposta alla più importante delle domande: 

 <<E ormai Sua Eccellenza si è convinto che non è poi molto importante sapere che S.E. ha nel frattempo abbordato delle belle figliole, o che S.E. si è sposato e poi ha divorziato, o di quando è morto il suo vecchio, perché S.E. era finito in prigione o che sua madre, fortunatamente veglia su di lui, o che S.E. si è risposato con Margherita, e che ha due figli, Riccardo e Francesca – uno dietro l’altro – S.E. è molto contento degli anni trascorsi e di quelli attuali ed è convinto che ciascuno di noi, a modo suo, cerca di essere felice e cionostante prova anche molti dolori… tuttavia la cosa più bella è senza dubbio avere la possibilità di sognare… e poi di poter sognare ancora… e ancora…e anc 

….E senza il sogno che cos’è la vita?*>> 

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*da "Magnus prima di Magnus. Gli anni dell’apprendistato di un maestro del fumetto”, a cura di Luca Baldazzi, Alessandro Editore, per gentile concessione di Rizzoli Lizard.