Suzanne Jackson, Ma-Yaa, 1994, detail, Courtesy Fondazione Furla

FURLA SERIES- SUZANNE JACKSON. Somethings in the World

Suzanne Jackson (St. Louis, Missouri, 1944) è un’artista americana la cui pratica abbraccia un campo d’indagine ampio che esplora le potenzialità della pittura e si nutre di esperienze nella danza, nel teatro, nella poesia. La produzione iniziale di matrice pittorica e figurativa, popolata di personaggi, animali, simboli ancestrali e riferimenti alla natura, si evolve negli anni approssimandosi progressivamente all’astrazione, fino ad approdare all’elaborazione di un vocabolario molto personale in cui la pittura assume una dimensione scultorea e ambientale.Per la quinta edizione del programma Furla Series, Fondazione Furla e GAM – Galleria d’Arte Moderna di Milano propongono Somethings in the World, una mostra personale di Suzanne Jackson, a cura di Bruna Roccasalva:si tratta della prima esposizione dedicata all’artista da un’istituzione europea e offre uno sguardo sulla ricerca che Suzanne Jackson porta avanti da più di cinquant’anni e ne ricostruisce i nuclei fondamentali.

Suzanne Jackson, Installation, view of the exibition, Ph: Andrea Rossetti / Héctor Chico, Courtesy Fondazione Furla.

Sono 27 le opere in  mostra che, nelle intenzioni di Suzanne Jackson, ribadite nel titolo, dovranno innanzitutto restituire la sua esperienza “nel” mondo e “del” mondo. Tutta la produzione dell’artista è infatti scandita da fasi che sono strettamente correlate alle sue vicende biografiche, e che confluiscono le une nelle altre, mescolandosi e confondendosi continuamente negli anni: un intrecciarsi costante della dimensione privata e personale con quella artistica e professionale che la mostra racconta attraverso un percorso espositivo costruito non cronologicamente ma
per associazioni e corrispondenze, a sottolineare legami e continui rimandi tra temi, tecniche e linguaggi.

Nella prima sala, opere di periodi diversi come Ma-Yaa (1994-98), 9, Billie, Mingus, Monk’s (2003), entrambe mai esposte prima d’ora, e Singin’, in Sweetcake’s Storm (2017), mettono in luce la stratificazione come aspetto centrale, non solo dal punto di vista tecnico e materiale, ma anche in termini iconografici e di significato. Ad accogliere il visitatore è l’imponente dipinto di una figura femminile, Ma-Yaa (1994-98), uno degli ultimi lavori della serie Yemenji – water spirit dedicata agli spiriti dell’acqua, figure femminili simbolo di prosperità che si ritrovano nelle culture dell’africa occidentale ma anche in culture più lontane, dal Brasile al Giappone e che riemergono spesso nel lavoro dell’artista. Ma-Yaa è un omaggio a Yemaya, dea madre dalla tradizione africana Yoruba, regina degli oceani e dei fiumi e divinità protettrice delle donne, una figura mitologica primordiale che si può far corrispondere a quella della “Grande Madre” presente in forme diverse in svariate culture del mondo. Bruna Roccasalva denota questa opera come fondamentale, perché segna il passaggio dalla figurazione all’astrazione.

Suzanne Jackson, Installation view of the exhibition, Ph: Andrea Rossetti / Héctor Chico, Courtesy Fondazione Furla

All’amore per la natura, che attraversa tutto il lavoro dell’artista, è dedicata la seconda sala con un’ampia selezione di opere inedite su carta che hanno come uniche protagoniste delle foglie (dalla serie Idyllwild leaves, 1982-84). Accanto a queste, un lavoro iconico come Triplical Communications (1969), ci parla dell’interconnessione tra lo spirito, l’umano e la natura, mentre Somethings in the world (2011), un’opera in larga scala qui esposta per la prima volta, dimostra come l’amore per la natura si traduca per l’artista anche in una costante attenzione al riciclo e al riutilizzo di materiali di recupero, tra cui la “Bogus paper”, una carta dismessa e recuperata sui set teatrali. L’uso di varie tipologie di carta, rare e comuni, come supporto alternativo alla tela segna l’inizio di un’indagine sulle possibilità strutturali della pittura che porterà il lavoro di Jackson in direzioni del tutto imprevedibili. Nella sala successiva il monumentale trittico In A Black Man’s Garden (1973) esemplifica la produzione degli anni Settanta in cui utilizzando una tecnica di pittura ad acrilico simile all’acquerello, restituisce in modo poetico la bellezza della natura attraverso tutti gli elementi che la compongono, piante, animali, essere umani. Le forme sembrano fluttuare sulla superficie della tela grazie a uno sfondo bianco gesso, distintivo della produzione pittorica di questo periodo in cui le immagini sono ottenute dalla stesura progressiva di velature di colore che danno loro una consistenza evanescente e rivelano il lungo processo di lavorazione e rielaborazione.

Suzanne Jackson, In A Black Man’s Garden, 1973, Courtesy Fondazione Furla.Courtesy of the artist and Ortuzar Projects, New York.
Suzanne Jackson, In A Black Man’s Garden, Detail, 1973,Courtesy Fondazione Furla.Courtesy of the artist and Ortuzar Projects, New York.

 

Vista dell’installazione della Serie Furla – Suzanne Jackson. Qualcosa nel mondo, 2023. Ph: Andrea Rossetti / Héctor Chico, Courtesy Fondazione Furla

Il percorso continua nella quarta sala dedicata all’aspetto più scultoreo del lavoro di Jackson, con opere recenti come Red Top (2021), Quick Jack Slide (2021) e l’inedita future forest (2023), realizzata in occasione della mostra, che dimostrano come la sua continua sperimentazione di tecniche arrivi a scardinare una netta distinzione tra forme espressive e linguaggi diversi, approssimando la pittura alla scultura e viceversa. Infine ecco le opere più recenti, ossia una serie di lavori che consistono in densi strati di acrilico puro che fa sia da medium che da supporto, come Rag-to-Wobble (2020) e il monumentale deepest ocean, what we do not know, we might see? (2021). Utilizzando vernici ora opache e ora iridescenti e creando variazioni di spessore e di trasparenza, l’artista stende l’acrilico in strati variamente addensati che generano forme dai contorni irregolari e organici, e fanno sì che la materia pittorica reagisca dinamicamente alla luce che la attraversa e ai movimenti dello spettatore. Note come “anti-canvas” (anti-tele), queste opere sono state recentemente definite anche “environmental abstraction”(astrazione ambientale), un’accezione, quest’ultima, che Jackson ama particolarmente perché sottolinea come il suo approccio, che recupera e riutilizza materiali di scarto e avanzi di pittura per dare integrità strutturale al dipinto, sia innanzitutto il riflesso del senso di responsabilità sociale nei confronti di tutto quello che la circonda, dell’attenzione alle dinamiche relazionali tra uomo e natura, e dell’etica ambientalista che contraddistingue tutto il suo percorso, artistico e non solo.

Suzanne Jackson, Baby Kiss, 1984, Detail, Courtesy Fondazione Furla. Courtesy of the artist and Ortuzar Projects, New York.

La mostra di Suzanne Jackson è la quinta edizione del progetto Furla Series, ed è il frutto della collaborazione tra Fondazione Furla e GAM, una partnership iniziata nel 2021 per promuovere progetti espositivi a cadenza annuale che offrono un’occasione unica di incontro tra i maestri del passato e i protagonisti del contemporaneo. Furla Series è il progetto che a partire dal 2017 vede Fondazione Furla impegnata nella realizzazione di mostre in collaborazione con importanti istituzioni d’arte italiane, con un programma tutto al femminile pensato per dare valore e visibilità al contributo fondamentale delle donne nella cultura contemporanea.

Fondazione Furla, nata a Bologna nel 2008 per volontà della presidente di FURLA, Giovanna Furlanetto –è il risultato di un lungo percorso culturale e progettuale iniziato dall’azienda nel 2000 con l’obiettivo di incoraggiare e promuovere la cultura contemporanea in Italia, supportando la creatività dei giovani talenti e costruendo uno
spazio di confronto sulla contemporaneità. Impegno perseguito attraverso l’istituzione del Premio Furla che, nelle sue dieci edizioni dal 2000 al 2015, è stato internazionalmente riconosciuto come il concorso italiano di eccellenza a sostegno dei giovani artisti. Nel 2016 Fondazione Furla ha deciso di portare a conclusione l’esperienza del Premio, per rinnovarsi e intraprendere un nuovo percorso con il progetto Furla Series: un ciclo di mostre dedicate ai protagonisti del contemporaneo organizzate in collaborazione con importanti istituzioni d’arte italiane.Proseguendo nella sua missione di sostenere l’arte contemporanea, con Furla Series la Fondazione si impegna anche su un altro fronte promuovendo un programma espositivo tutto al femminile, unico nel panorama italiano, che dà valore e visibilità al contributo fondamentale delle donne nella cultura contemporanea.

Fino al 17 dicembre 2023 presso GAM – Galleria d’Arte Moderna
Via Palestro 16 – 20121 Milano. Si consiglia la prenotazione qui