FRENETIC FILMS

Saint Laurent di Bertrand Bonello, il ritratto di un genio complesso che ha rivoluzionato la moda

Warhol scrisse a Saint Laurent: “io e te siamo due artisti”: un genio tanto brillante quanto complesso e tormentato, che combattendo con i suoi demoni ha rivoluzionato la moda per sempre e ha capito che il mondo stava cambiando prima di ogni altro couturier. Il ritratto di Bonello a dieci anni dall’uscita ne ricorda i tratti salienti in un decennio epocale.

Saint Laurent di Bertrand Bonello, uscito nel 2014, è un film che ha alle spalle una particolare “querelle”: ne avevo già letto qualcosa all’epoca, ma durante il fantastico e dico fantastico incontro al Cinema Modernissimo con Louis Garrel– nell’ambito della rassegna a lui dedicata- le parole dell’attore mi hanno riportato alla memoria l’ardua questio. Dunque, pare che il compagno di una vita, in affari e non, di Yves, nonché cofondatore della griffe, ossia il celeberrimo Pierre Bergé (scomparso nel 2017) non abbia particolarmente gradito l’interpretazione di alcuni momenti e personaggi salienti nella vita dello stilista più stylish di tutti i tempi e quindi abbia subito optato per produrre contemporaneamente un altro biopic – ma questa volta autorizzato e approvato-con la regia di Jalil Lespert. Ed ecco quindi l’altro film “Yves Saint Laurent”, che invece è stato abbastanza distribuito, conosciuto e visto, almeno dagli addetti ai lavori e appassionati, almeno dalle persone che conosco io. Secondo me il film di Bonello è molto interessante: ho letto varie interviste al regista, che dichiarò esplicitamente in occasione del lancio, intanto di essersi sentito più libero di radicalizzare la propria visione dopo aver saputo della produzione dell’altro film e di non aver voluto girare un ritratto biografico tradizionale,che rappresentasse la vita del protagonista in maniera informativa, ma di provare a fare in modo, con grande libertà, che lo spettatore non si limitasse semplicemente a guardare, ma si avvicinasse ad alcuni aspetti della personalità (molto complessa), senza trascurare il lato visivo, romantico, visconteo, decadente di un’intera epoca.

Girato infatti  in 35mm proprio affinché i colori, la trama, i tessuti rendessero al meglio la loro essenza materica e cromatica, in un modo che il digitale non può riprodurre, in particolare il film si concentra sugli anni che vanno dal  il 1967 al 1976, evidenziando come  il prêt-à-porter sia davvero stato un atto pioneristico, mentre il mondo e la società stavano inesorabilmente cambiando, soprattutto per un creativo dell’haute couture, e facendo risaltare due collezioni emblematiche, ossia Libération del 1971 e “Opéras – Ballets Russes”del 1976. La prima è stata uno scandalo infatti è passata alla storia come Scandal collection: nel 1971 in pieno hippie chic wave, Saint Laurent  veste le donne come le loro madri, attingendo alla sua passione per sua madre e per le attrici degli anni ’40. Le zeppe, i turbanti, i mini dress, il trucco pesante che ricordavano l’atmosfera di Parigi durante l’occupazione, causarono uno scandalo totale presso i media, che la definivano di “cattivo gusto” nel far rivivere gli stili di un periodo  difficile per la Francia durante la seconda guerra mondiale. Ma sei mesi dopo tutti indossano quei vecchi vestiti.  E così lanciò anche il gusto retrò, che tutt’ora è uno dei trend più in voga della moda.

La famosa pelliccia verde è un capo iconico della Scandal Collection, 1971, foto originale ©Musée Yves Saint Laurent Paris

La seconda sfilata del 1976 è di influenza squisitamente orientale, ricchissima e magniloquente, un vero e proprio tripudio di stoffe pregiate e di colori vibranti: Gauguin, Delacroix, Matisse e la Russa di Diaghilev. Così ne parlò lui stesso a Vogue “È una collezione di pittore, ispirata alle odalische di Delacroix, alle donne di Ingres, La donna con l’orecchino di perla di Van Eyck [appunto, la Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer], La Torre, Rembrandt, le ballerine di Degas , con il loro corsetto nero, ma anche dai Visconti di Senso, dalla Guerra Civile, dalla Marlene di Sternberg. È estremamente egoista perché ho esposto, molto più che i vestiti, tutto ciò che amo della pittura. Per la giornata si parte dai tagli tradizionali provenienti da Russia, Cecoslovacchia, Austria, Marocco. Da lì nasce questa ingenuità del taglio che lo rende giovanile, insieme al colore.” (fonte https://museeyslparis.com/)

©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS

Continuano gli scandali con Pour Homme per l’audacia della foto pubblicitaria in cui Yves stesso posa nudo davanti all’obiettivo di Jeanloup Sieff per la promozione della sua fragranza e per il famoso Opium, che accompagnerà la collezione autunno-inverno del 1977 ispirata alla Cina imperiale: un mix di patchouli e mirra, che però fece clamore per via del riferimento alla nota droga proveniente dall’Oriente. 

Dal 1989 si ha un cambio di stile e di cast e al magnifico Gaspard Ulliel subentra Helmut Berger: da questo momento in poi il film segue un taglio parallelo, una sequenza di avanti e indietro, diventando più mentale. Saint Laurent sta ancora lavorando, ma l’anno è fondamentale per il passaggio ad una nuova rivoluzione di stile con un grande cambiamento e la citazione di Jean-Paul Gaultier in un discorso ne è la prova. 

Helmut Berger interpreta YSL ©FRENETIC FILMS
YSL Gaspard Ulliel  ©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS

Molto emozionante è stato ascoltare in sala il ricordo di Gaspard Ulliel da parte di Louis Garrel: penso che entrambi siano stati perfetti per intrepretare i rispettivi ruoli e ci sia stata tra loro un’alchimia che non sempre si percepisce. Bonello ha spesso evidenziato la somiglianza anche fisica tra Ulliel e Saint Laurent, ma anche la sua capacità di fascinazione, così come Garrel rende contemporanea l’ambigua figura di Jacques de Bascher, piuttosto teatrale e decadente. Ha l’alone dell’ “homme fatale”, pericoloso che ti trascina in un vortice che è una dipendenza, ma è anche leggero e spensierato nel godersi l’istante, un dandy un po’ strambo a volte. 

Così disse Ulliel di YSL in una nota stampa: La sua forza è stata quella di liberare la donna da una figura rigida e costretta. Ha offerto comfort, in particolare disegnando abiti da indossare tutti i giorni, non solo da sera. È stato un precursore del passaggio al prêt-à-porter, che è stato così critico. Ha adattato i suoi vestiti, come Dior e Chanel avevano anche cominciato a fare, ma con un colpo di genio:  liberò le donne disegnando le sue ispirazioni al passato, soprattutto nella celebre collezione del 1940. Il suo smoking, che era il primo per le donne, è ancora probabilmente uno dei suoi pezzi più sensuali. Yves ha assorbito il periodo in cui viveva e ciò che accadeva intorno a lui come una spugna. L’ho usato molto questo aspetto: il suo buon senso di prospettiva sul suo periodo, senza mai esserne veramente preso, così come la sua miscela di intensa sensibilità e intelligenza estrema. Credo sinceramente che fosse un artista, molto probabilmente sopportando la frustrazione di lavorare in un’arte minore ed effimera, senza la longevità della pittura, per esempio, che era un’arte che ammirava molto. Nelle sue collezioni Saint Laurent pagava spesso omaggio ai pittori, a cominciare da Mondrian. Il suo uso del colore era magistrale e così anche la sua fantasia sconfinata. Ad esempio, fa un enorme salto dalla sua collezione Russian Ballet del 1976 a quella successiva, conosciuta come la collezione I cinesi e l’oppio.”

Il film è molto preciso nell’osservazione del lavoro sartoriale: nell’alta moda tutto è fatto a mano e le sarte al lavoro nell’atelier vengono ritratte fedelmente anche nella loro gerarchia: hanno allestito un laboratorio sartoriale per realizzare gli abiti per il film e sarte assunte alle quali sono stati affidati i dialoghi. I costumi sono stati ideati da  Anaïs Romand che dichiarò come fosse abbastanza intimidatorio dover vestire YSL e tutto il suo entourage. Ha lavorato concentrandosi sulla sceneggiatura e su che cosa Bonello volesse dire di quest’uomo tanto dotato quanto tormentato psicologicamente e del periodo, gli anni ’60 e ’70, in un piccolo circolo elitario parigino nell’avanguardia della moda, prima che l’AIDS colpisse la Francia che era ancora molto conservatrice come società. La moda doveva essere presente ma in modo naturale, in modo che gli attori potessero scivolare nei loro costumi, con la ricerca della bellezza come parte di essi e delle loro personalità, non come un’esibizione estetica artificiosa. Tecnicamente, la parte più difficile è stata realizzare due completi, delle leggendarie collezioni YSL, con quasi nulla su cui lavorare, nessun accesso ai file degli archivi o agli abiti reali conservati ovviamente nella Fondazione Bergé Saint Laurent. È stato un progetto di ricerca molto meticoloso volto a decifrare i volumi giusti, i tessuti giusti e colori esatti, senza tradire lo spirito di YSL. Molto importante per concepire la collezione è stato il lavoro a stretto contatto con la regia per identificare i momenti in cui la telecamera si soffermava sul materiale e altri quando il movimento dinamico sarebbe utile o quando un campo lungo ne  avrebbe comportato un approccio più sfuggente. Uno degli aspetti più importanti per la Romand è stato quello di non tradire i materiali: niente può sostituire il modo in cui la vera seta ad esempio brilla e cade o reagisce alle tecniche di haute couture.

©FRENETIC FILMS

Fondamentali nella sua vita e nel suo lavoro sono state due Muse, amiche, fortissimi supporti anche e soprattutto nei momenti di depressione e collaboratrici ossia Betty Catroux interpretata da Aymeline Valade e ovviamente Loulou De Falaise, una carismatica Lea Seydoux: la prima ex modella Chanel, icona di moda dal fascino androgino, incontrò Yves in discoteca nel 1967 e il feeling fu immediato, tanto che lui la definiva il suo “doppio femminile”. Con Louise detta Loulou si incontrarono nel 1968 e lui venne subito colpito dai particolari outfit della giovane di origine aristocratica scovati  nei mercatini delle pulci, con grande enfasi al dettaglio e agli accessori:  iniziò a lavorare presso lo studio nel 1972 fino alla fine.

©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS
©FRENETIC FILMS

Nato nel 1936 a Orano in Algeria, giovanissimo approdò alla Maison Dior per la quale disegna dopo la morte del fondatore sei collezioni, tra il 1958 e il 1960, introducendo già le linee e le innovazioni che contraddistingueranno gli anni Sessanta. La vita di YSL non rispecchia alcuni topics di grandi personaggi famosi, che ad  esempio provengono da ambienti poveri o difficili e riescono a realizzare i loro sogni di infanzia riscattandosi: lui proviene da un ambiente benestante, a 20 anni vince un concorso, diventa una star da Dior, a 22  fonda la sua house insieme al compagno e socio Pierre Bergé. La prima collezione a suo nome del 1962 ha un grandissimo successo e i suoi tailleur sono stati definiti da Life come <<i più bei tailleur dopo la rivoluzione Chanel>>. A 25 anni è già una celebrità internazionale. Tra i suoi capi iconici ricardiamo il caban, il trench, l’abitino Mondrian, lo smoking, il nude look, il tailleur pantalone, la safari jacket. Da giovane comprende i giovani e i cambiamenti in atto: si rammaricò di non aver inventato i jeans e nel 1966 fu il primo couturier ad aprire una boutique di prêt-à-porter con il suo nome, al 21 di rue de Tournon, nel 6 ° arrondissement di Parigi: invece di concepire il prêt-à-porter come versione più economica della haute couture, creò una collezione completamente separata, con un successo assoluto.

«Chanel ha dato alle donne la libertà. Yves Saint Laurent diede loro il poterePierre Bergé.