Still Life, un percorso tra moda e arte della Natura morta.
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Ieri stavo valutando le mostre che avrei intenzione di visitare prossimamente e che causa #covid-19 stavamo rischiando di perdere: pregevoli tutte le iniziative online dei musei italiani e internazionali, che hanno pur permesso una fruizione e conoscenza approfondita dei loro capolavori, ma si sa, vedere dal vivo è tutta un’altra cosa.
Ho quindi messo in agenda l’esposizione Natura in posa. Capolavori dal Kunsthistorisches Museum di Vienna in dialogo con la fotografia contemporanea a Treviso presso il Museo Santa Caterina fino al 27 settembre 2020. Il percorso documenta perfettamente come il soggetto dello Still life, la Natura morta, si sia sviluppato tra la fine del Cinquecento e lungo tutto il XVII secolo, invitando lo spettatore a guardare sotto una nuova luce uno dei generi più suggestivi della pittura europea.
Straordinarie vanitas, composizioni floreali, raffinate scene di mercato, sontuose tavole imbandite sfilano in mostra accanto a ritratti di interni e delle stagioni o preziosi simboli iconici che ricordano la caducità della vita e dei suoi piaceri, come farfalle, libri, orologi, strumenti musicali.
Interessante il fatto che le opere di artisti quali Francesco Bassano, Lodovico Pozzoserrato, Jan Brueghel il Vecchio, Pieter Claesz, Willem Claesz Heda, Jan Weenix, Gerard Dou, Evaristo Baschenis, Gasparo Lopez dei Fiori, Elisabetta Marchioni – che incantano per fasto, creatività e perfezione di esecuzione – dialogano con le più iconiche fotografie contemporanee.
Si passa, così, dalle vanitas capaci di trarre in inganno di David LaChapelle ai crudi e ironici reportage di Martin Parr sul consumo di massa, dai magnifici e sensuali fiori di Robert Mapplethorpe ai Flowers di Nobuyoshi Araki, dalla serie dedicata alle zuppiere di Franco Vimercati all’idea di classicità pittorica di Hans Op De Beeck, al progetto Herbarium di Nino Migliori.
“Le nature morte rappresentano oggetti, animali e fiori familiari a tutti noi e che, tuttavia, non conoscono decadenza – spiega Francesca Del Torre, Curatrice del Kunsthistorisches Museum di Vienna e dell’esposizione – Esse ingannano l’osservatore, stimolandone allo stesso tempo la riflessione sulla transitorietà della vita. In questo risiede il loro fascino che crediamo eserciti ancora oggi una forte attrazione sul pubblico.”
Aggiunge Denis Curti, Curatore della sezione fotografica:
“Lo still life è un genere fotografico che continua a registrare un crescente interesse e che, con la tecnologia digitale, è addirittura esploso. La selezione di immagini in mostra è lo specchio di questa passione ed è il riflesso di una modalità fotografica che intende avvicinarsi agli stessi sentimenti delle pratiche pittoriche. “
Di conseguenza ho ripensato all’evoluzione nel tempo di questo genere che mi ha sempre affascinato e ho esplorato il suo legame con il mondo della moda, che non si lascia mai sfuggire le più grandi tendenze culturali e soprattutto, più spesso di quanto si creda, nutre il suo immaginario e il suo linguaggio di arte allo stato puro. Questo genere figurativo dunque ha come obiettivo il raffigurare oggetti inanimati: fiori, piante, frutta ma anche appunto bottiglie, strumenti musicali, utensili vari, cibo, cacciagione, arredi.
Possiamo rintracciare le sue origini nell’antichità, ma tendenzialmente si sviluppa dal Medioevo, con intenzione simbolico-allegorica (n riferimento alla vanitas, alla caducità, all’effimera bellezza e al trascorrere del tempo quindi della vita) e ha particolare sviluppo nella pittura fiamminga prima ed europea poi del XVII secolo (sarà tipica del Manierismo e Barocco) fino ad attraversare la modernità, basta ricordare i celeberrimi girasoli di Van Gogh o la rosa meditativa, onirica e surrealista di Salvador Dalì.
L’espressione “natura morta” si afferma nella lingua italiana intorno all’Ottocento come calco della traduzione dal francese nature morte attestato dal 1756: tuttavia suggerendo una sorta di significato triste e malinconico in seguito si è preferito utilizzare l’espressione inglese Still-life, riconducibile allo still-leven diffusasi intorno alla metà del Seicento nei Paesi Bassi, che si trova nell’olandese vie coye e nel tedesco stillstehende Sachen, con l’intenzione di indicare una natura che ha in sé qualcosa di fermo, immobile e statico (fonte: Accademia della Crusca).
Infatti citando l’enciclopedia Treccani: “Parlare di natura morta è un controsenso: la natura per sua definizione è infatti viva, ma diventa morta quando la si toglie dal suo habitat (il fiore reciso dalla pianta, la frutta colta dall’albero). L’artista compie quindi una sfida: ritrae un fiore destinato a morire e così lo rende eterno. La sua bravura consiste nell’ingannarci, facendoci apparire come veri e vivi oggetti inanimati ed esseri morti”
Nella mia ricerca ho scoperto che in Italia abbiamo, unico nel suo genere, il Museo della Natura Morta, inaugurato nel 2007 nella Villa Medicea di Poggio a Caiano in provincia di Prato che val bene una visita: non solo per avvicinarsi a dei veri e propri capolavori come le “meraviglie di natura” del Bimbi che per la loro precisione estrema vennero usati dai botanici dell’epoca e non per lo studio e la catalogazione, ma per conoscere la villa che, dichiarata dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’Umanità nel 2013, è un gioiello di architettura rinascimentale, progettato da Giuliano da Sangallo per Lorenzo il Magnifico.
Questo filone continua nell’arte moderna e contemporanea, declinandosi anche attraverso nuovi strumenti e mezzi, come la fotografia, l’installazione e la digitalizzazione. Molti grandi artisti si sono cimentati in queste opere come Courbet, P. Cézanne, Van Gogh, Picasso, De Chirico, De Pisis, Guttuso, ma colui che ne fece il nucleo della propria ricerca fu senza dubbio Giorgio Morandi, uno dei più grandi artisti del Novecento (Bologna, 1890-1964), che conferì ai suoi dipinti una valenza metafisica e assoluta.
Anche la nostra icona di vita e di stile, l’immortale Frida Kahlo ha amato sperimentarsi in alcune opere che rendono tutta la sua potenza visiva con altrettanta forza dei quadri più noti.
Tutt’oggi gli artisti contemporanei si interrogano su questa tematica come ha dimostrato una bella mostra del 2015 Giorgio Morandi Remix 26 artisti contemporanei reinterpretano la Natura Morta a cura di Ilaria Bonacossa per Antinori Art Project.
Anche la fotografia non è rimasta immune al suo fascino. Dai più grandi fotografi – come Ansel Adams, Tina Modotti, Gian Paolo Barbieri-ai giovani emergenti e/o più di tendenza su IG, in molti stanno sperimentando le immense potenzialità visive e implicazioni intellettuali spesso tendenti al filosofico che lo still life offre, nella sua immobilità quasi atemporale, a volte nostalgica, a volte più briosa, per cogliere la perfezione di un istante hic et nunc.
Laura Letinsky (1962) artista canadese e docente nel Dipartimento di Visual Art dell’Università di Chicago, è affermata in tutto il mondo come una delle migliori fotografe contemporanee di still life: si ispira alla pittura storica ma contestualizza le proprie opere particolarmente nella vita quotidiana e familiare, dove troviamo accostati intensi e delicati tocchi di colore a briciole ed avanzi di cibo o bicchieri e tazzine quasi vuote, che fanno intuire il passaggio di una presenza umana nei dintorni.
Uno dei fotografi che attualmente mi piace di più è Leandro Colantoni (B. Agrigento, 1991) che ritrae la sua Sicilia in innumerevoli nitide sfumature capaci di raccontarne l’essenza e creare così una narrazione che ti coinvolge, ti appassiona, attraverso una luce, una composizione pulita ed essenziale ma così solare e gioiosa, che pur partendo da una visione realistica ti permette quasi di sognare.
La moda che secondo me esprime allo stato massimo eternità e caducità, non poteva non essere ammaliata da queste suggestioni e infatti ha fatto proprio un linguaggio che forse la interpreta meglio di molti altri: questo articolo non pretende di essere esaustivo, perché il discorso meriterebbe un libro intero per la sua complessità e ricchezza, ma ho cercato le migliori campagne pubblicitarie contemporanee che meglio hanno interpretato questo mood, che tanto ha a che vedere con il concetto di tempo, ma che diventa atemporale per la verità assoluta.
Parto da Christian Louboutin che nel 2009 ha lanciato una campagna Spring Summer molto carismatica, ispirata alla pittura prevalentemente Barocca e fiamminga: le sue scarpe oggetto di desiderio con l’inconfondibile suola rossa sono protagoniste di ironiche e accattivanti immagini scattate dal famoso fotografo newyorkese specializzato in still life Peter Lippmann, con la direzione creativa di Nicolas Menu.
Ne risulta decisamente evidenziata la sensualità, quasi in invito a godere dei piaceri offerti nel lauto banchetto.
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Il sodalizio creativo Lippmann-Louboutin è stato veramente duraturo e proficuo di scenografie stravaganti entrate di diritto nella storia delle migliori pubblicità di moda: basta guardare anche la collezione primavera/estate 2014 dove questa volta l’ispirazione però viene dall’Impressionismo. Sandali dal tacco vertiginoso, deliziose decolleté e stilose slingback insieme a colorate clutch dalle nuances caramellose quasi si mimetizzano tra succosi frutti e incantevoli fiori ispirati ai capolavori di Monet, Van Gogh e Cèzanne.
L’occhio più sognatore del fotografo Khuong Nguyen invece sceglie insieme al brand una chiave più fiabesca/fantasy e digitalizzata, ispirata alle atmosfere magiche delle storie dell’infanzia di tutti di noi, da Cenerentola ad Alice nel paese delle meraviglie, per la campagna FW 2011.
Non poteva mancare il geniale e visionario duo olandese della fashion photography ossia Inez & Vinoodh che nel 2017 ha realizzato la campagna pubblicitaria per Diana Vreeland Parfums: per queste composizioni chic e sofisticate si sono ispirati agli oggetti del mondo della mitica giornalista ed editor definita da Richard Avedon “l’unico genio nella storia delle riviste di moda”.
C’è da dire che l’amato duo di cui sopra non è al primo approccio con questa tipologia visiva, infatti aveva già lavorato in tal senso nelle campagne FW14 e SS15 di Isabel Marant, riuscendo non sono come (ma è tipico dei grandissimi) a evidenziare la femminilità e la grinta insite nello stesso tempo nell’anima del brand.
Ci sono degli anni in cui lo still life sembra essere un vero e proprio trend: anche la campagna accessori Céline FW 14 va verso questa direzione, tra color block e delicati fiori uniti a rigogliosa frutta e verdura (con zucchine in vaschetta acquistabili comodamente al supermarket) in quadretti densi di stile creati dal fotografo Roe Ethridge insieme allo scenografo Andy Harman.
Roe è un altro fotografo americano super specializzato in still life che ha spesso collaborato con il fashion: in particolare il mondo del profumo per sua stessa natura e forma si adatta alla perfezione a questo tipo di ritratto, infatti riporto anche questo suo lavoro per Chanel nel 2012
Casual e insieme cool dallo spirito urban, fresco e giovane le campagne ispirate allo still life reinterpretate dall’artista molto in voga Coco Capitàn nel 2017 e nel 2018 per il brand francese di pret-à-porter A.P.C. dall’allure parisienne che ci convince sempre perché è sempre una garanzia.
Il marchio spagnolo storico Loewe (è stato fondato nel 1846) reso super cool dal direttore creativo J.W. Anderson, ha scelto per più campagne pubblicitarie questo linguaggio insieme al maestro della fotografia Steven Meisel, con il quale si dice che il fashion designer abbia talmente tanta intesa e feeling creativo da lasciargli parecchia libertà.
Nella campagna PE 2017 abbiamo una classica ma contemporanea natura morta che affianca altri scatti con accessori e modelle in carne e ossa (in questa la supertop Amber Valletta). Meisel si è ispirato a Constance Spry, una apprezzatissima fiorista britannica, che ha lavorato anche per i Windsor, vissuta nella prima metà del ‘900 che fu antesignana del concetto di flower decoration.
Curiosità: ho scoperto che proprio a lei è dedicata la graziosa e iperfemminile Costance Spry® prima rosa inglese selezionata da David Austin nel 1961.
In teoria non rientrerebbe nel genere artistico di still life, data la presenza umana e meravigliosa di Vittoria Ceretti, ma la riporto perché idealmente secondo me è il diretto proseguimento della precedente, la campagna Fruits sempre del 2017: non so come dire, ma tutta la mia attenzione è concentrata sul frutto e il volto della modella sembra essere un tutt’uno, una creatura quasi in metamorfosi, come gli antichi miti greci.
Sempre Loewe+Meisel per la FW17 continuano ad esplorare il genere passando però agli oggetti dopo il mondo vegetale e floreale, con dei set da tavola stravaganti e mixati con equilibrio estetico impeccabile. Anche questi scatti che si intitolano “Composizioni”, come nella serie floreale accompagnavano immagini con la modella in carne e ossa, che era in questo caso la top model brasiliana Gisele Bündchen, tornata sul set proprio per questa occasione dopo che aveva annunciato il suo ritiro pochi anni prima.
Concludo con una interpretazione dalla doppia anima: più minimalista con solo una piccola piantina grassa atta a decretarne lo status, ecco la campagna di Marni S/S 2018 realizzata dall’artista Jamie Hawkesworth, che però ci conferma pienamente la sua natura dato che si intitola Still life in movement, in una sorta di ossimoro che forse ne coglie meglio di qualsiasi altra definizione l’essenza complessa. Immobile, ma nell’atto di una sorta di divenire e di essere colta ma non passivamente, quindi in un certo senso in movimento.
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