Suite Francese di Irène Némirovsky

Suite Francese, una profonda storia d’amore, dal capolavoro ritrovato di Irène Némirovsky.

Esce giovedì 12 marzo 2015 nelle sale italiane, l’atteso adattamento cinematografico del celebre romanzo di Irène Némirovsky, fervida e intensa scrittrice francese di origine ucraina, deportata dai nazisti ad Auschwitz nel 1942, in quanto ebrea, dove morì nello stesso anno.

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Suite Francese è un’opera che ha una storia di per sé già miracolosa e sorprendente: nel periodo precedente l’arresto e la deportazione, Irène scrisse i primi due romanzi di una «sinfonia in cinque movimenti» per raccontare la Francia sotto l’occupazione nazista, fermando il suo sguardo lucido e vibrante sulla vita quotidiana, sui rapporti umani. Non riuscì mai a completarla. Le sue due figlie – Élisabeth e Denise Epstein – invece si nascosero grazie all’aiuto di amici, portando con loro i manoscritti della madre in una valigia.

Forse non riuscirono subito a confrontarsi con questi ricordi vivi e brucianti, forse non era ancora il momento di fare i conti con il passato, chissà, ma trascorse molto tempo e ad un certo punto prevalse la necessità di riscoprire la propria storia, così Denise si premurò di lavorare sul quel materiale e di far pubblicare postumo, nel 2004 in Francia, questo capolavoro speciale che è sopravvissuto alla tragedia e alla barbarie. Un enorme successo. La stessa Denise affermò che è stato come riportare in vita sua madre, come se i nazisti non l’avessero mai uccisa veramente.

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Suite Francese, è il racconto di un amore fortissimo, non consumato ma non per questo meno intenso e profondo, di un incontro che sfugge la possibilità, che ha il sapore dell’incompiuto per ovvie ragioni.

La Storia che travolge.

Nella Francia del 1940 occupata dall’esercito tedesco, la bellissima e delicata francese Lucille Angellier, interpretata da un’intensa e davvero bravissima Michelle Williams (tre volte candidata all’Oscar® per “Brokeback Mountain”, “Blue Valentine”, “Marylin”, vincitrice di un Golden Globe e un Independent Spirit Award per “Marilyn”) vive in condizioni agiate con la dispotica e autoritaria suocera, un’altrettanto strepitosa Kristin Scott Thomas, sperando di ricevere notizie del marito Gaston, prigioniero di guerra.

Nell’attesa logorante delle due donne, rispettivamente nei panni di moglie e madre, si assiste al procedere inesorabile degli eventi, per cui la città viene invasa dai nazisti che hanno necessità di dimora, sconvolgendo le dinamiche dei rapporti tra gli abitanti.

Un ufficiale viene alloggiato proprio a casa loro: Bruno (Matthias Schoenaerts, “Un sapore di ruggine e ossa e Bullhead”, candidato all’Oscar® come Miglior Film Straniero), in realtà è costretto a rivestire quel ruolo – siamo in guerra- ma è un uomo sensibile, un ex compositore che ama suonare il piano (di Lucille) nei pochi momenti di quiete, che esegue il suo dovere di soldato ma si sente diverso (“non ho nulla in comune con questa gente ma ho molto in comune con te”, le dice ad un certo punto).

L’amore per la musica li avvicina. L’Amore vivo e reale in mezzo alla devastazione umana li sorprende.

Il film è stato scritto e diretto dal regista britannico Saul Dibb (La Duchessa); la colonna sonora originale – che ha un ruolo importantissimo nello sviluppo del legame tra i due protagonisti – alla quale ha partecipato con un brano anche il pluripremiato Alexander Desplat, è del compositore Rael Jones.

Una nota particolare per quanto riguarda i costumi, a cura di Michael O’Connor (premio Oscar®, BAFTA e Costume Designers Guild Awards per La Duchessa), curatissimi, fedeli allo stile originale, frutto di una grande lavoro di ricerca e studio (vi consigliamo, se volete approfondire, di leggere questo post su  Elle.it  www.elle.it/Showbiz/suite-francese-costumi-makeup-film-foto) splendidi in ogni dettaglio, anche negli accessori (memorabile il cappello che indossa Michelle Williams nella scena finale).

Da non perdere, per riflettere, per non dimenticare.

Per vedere la guerra con gli occhi delle donne, uno sguardo semplice, acuto, sfaccettato ma fortissimo. Perché a volte l’amore quello vero, può essere anche solo il ricordo di una melodia.

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