Jean Luc Godard by Hedi Slimane, 2020

Jean Luc Godard e la moda

Jean Luc Godard. In ricordo di uno dei più grandi registi del cinema mondiale, simbolo della Nouvelle Vague scomparso il 13 settembre 2022 a 92 anni, vogliamo tracciare un suo ritratto -che non pretende certo di essere esaustivo- dal nostro punto di vista prediletto, ossia nel suo rapporto diretto e indiretto con la moda.

Molto intensi gli scatti recenti realizzati da uno dei più interessanti fashion designer dei nostri giorni, Hedi Slimane, ad oggi direttore creativo di Celine. Talento super eclettico, che si muove tra musica, moda e fotografia, ha lanciato nel 2019 il noto progetto “Portrait of a performer/ of an artist”, composto da immagini e video esclusivi su @celine che ritraggono musicisti, cantanti noti ed emergenti, talenti creativi- come Jack White, Ollie Dixon dei Laundrette, Alex Evans, Lucia and the Best Boys, Oracle Sisters o l’artista Carlos Valencia- in linea perfettamente con il suo mood e la sua estetica.

Il progetto prosegue nel 2020, ampliato anche con istantanee dei prescelti direttamente dal lockdown, e a luglio si arricchisce proprio della magica presenza di Jean Luc Godard, immortalato nella sua residenza in Svizzera, in un iconico bianco e nero, elegante e distinto come sempre, e si aggiunge ad una collaborazione con MUBI, per cui Slimane aveva scelto una serie di nove film da vedere assolutamente, tra cui anche Pierrot le fou (1965) del mito assoluto del cinema francese.

HEDI SLIMANE ARCHIVES / JEAN-LUC GODARD / SWITZERLAND 2020

Ma anche la Fondazione Prada dal 2019 ha scelto di dedicare un suo spazio permanente al grande regista: si tratta de “Le Studio d’Orphée” un atelier- casa, uno studio di registrazione e di montaggio, al primo piano della galleria Sud, che presenta materiale tecnico, utilizzato nella realizzazione dei suoi ultimi film a partire dal 2010, ma anche mobili, libri, abiti, quadri e gli altri oggetti personali provenienti dal suo studio-abitazione di Rolle in Svizzera. Il titolo si riferisce al mito di Orfeo ed Euridice creando un’analogia con il poeta-musicista greco.

Qui sono proiettati  il lungometraggio Le Livre d’image, presentato a Cannes nel 2018, nel luogo stesso in cui è stato realizzato e nove cortometraggi — On s’est tous défilés, 1988; Je vous salue Sarajevo, 1993; Les enfants jouent à la Russie, 1993; The Old Place, 1998; De l’origine du XXIème siècle, 2000; Liberté et Patrie, 2002; Une bonne à tout faire, 2006; Vrai faux passeport, 2006; Une Catastrophe, 2008) – che permettono ai visitatori di immergersi completamente nell’universo creativo di uno dei grandi geni del cinema. Inoltre Godard ha ideato anche “Accent-soeur”, un intervento sonoro installato all’interno dell’ascensore della Torre, durante il quale si può ascoltare la colonna sonora di Histoire(s) du cinéma, opera video in 8 capitoli creata dal 1988 al 1998.

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Miuccia Prada ha infatti dichiarato di ammirare tantissimo Godard e di aver desiderato collaborare con lui da parecchio tempo, fino al momento giusto, quando si è appunto concretizzato questo progetto dopo un incontro di qualche anno fa a Ginevra. Come si riporta in un’intervista di Simone Marchetti del 2022 su Vanity Fair (che potete leggere qui) lei stessa dichiara: “La mia cultura è basata molto sulla cultura cinematografica degli anni ’60, su Godard ma anche, tra gli altri, Antonioni, Rossellini, Buñuel, sulla cosiddetta avanguardia cinematografica“.

Ma a questo punto non posso non citare Il mio Godard (Le Redoutable) di Michel Hazanavicius, in concorso al Festival di Cannes nel 2017, basato sull’autobiografia Un an après  dall’attrice Anne Wiazemsky, incentrato proprio sul rapporto sentimentale e lavorativo dei due. Ambientato a Parigi nel 1967-68 vede Jean-Luc Godard (interpretato da Louis Garrel) essere il cineasta più in vista della sua generazione e girare La cinese con la donna che ama, Anne Wiazemsky (Stacy Martin)e che sposerà. Ma quando il film esce, l’accoglienza non positiva ricevuta porta Jean-Luc a rimettere profondamente in discussione le sue idee e andare successivamente in crisi, da diventare un artista maoista fuori dal sistema, tanto incompreso quanto incomprensibile.

Molto interessanti i costumi a cura di Sabrina Riccardi, che sono estremamente significativi e assorbono ed esprimono pienamente il senso di un’epoca rivoluzionaria, non solo nel cinema ma anche a livello culturale, sociale soprattutto nella rivendicazione dei diritti: la costumista si è basata nel creare il suo moodboard su un vasto materiale d’archivio, ma ovviamente anche sulla Nouvelle Vague, sui film di Godard in particolare, realizzandoli in sartoria per la maggior parte e noleggiandoli in piccola parte.

Ovviamente troviamo un largo uso di pezzi vintage fine anni ’60- in particolare twin set, caban, basco “alla francese”, borse tracolla in pelle, stampa vichy, minidress a fantasia floreale, giacca, camicia e occhiale iconico per lui – che si evolvono insieme alla psicologia e lo stato emotivo del personaggio. Ritroviamo tutt’ora queste ispirazioni in moltissimi outfit dei più grandi brand, da Gucci a MiuMiu.

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Il mio Godard (2017)

La Nouvelle Vague influenzò a suo tempo e continua a influenzare la moda sotto molteplici aspetti, ma in particolare Godard ha lanciato nell’Olimpo una serie di Muse che hanno lasciato un’impronta indelebile nello stile per l’eternità: credo che per sempre esisteranno coloro che si ispireranno a Jean Seberg, Brigitte Bardot, Anna Karina, Anne Wiazemsky e Mirelle Darc, solo per citare le più famose, attrici che hanno contribuito a costruire il mito del grande “chic” parigino, inarrivabile, disinvolto, semplice e naturale, eppure sofisticato e senza dare l’dea di artefatto.

Indimenticabile Jean Seberg in Fino all’ultimo respiro ((À bout de souffle) del 1960, opera considerata il “manifesto” della corrente, con il suo taglio pixie, le ballerine, il suo stile marinière, i dolcevita, la camicia maschile e il Borsalino (pezzi rubati dal guardaroba di lui) dall’allure androgina o meglio alla garconne, raffinata e timeless.

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Renata Molho nel libro “Essere Armani” parlando di questi anni, ricorda come il capolavoro di Godard avesse influenzato importanti redattrici come Marit Allen, tanto da far evolvere anche la modalità con cui venivano scattate le foto di moda: il ritmo fluido del film fu riportato nella fotografia e la ripresa con la camera a mano spinse i fotografi ad adottare la reflex 35mm.

Virginie Viard per la collezione Chanel ready to wear SS20, dichiarò di essersi ispirata al cinema della Nouvelle Vague e all’atmosfera degli anni ’60, avvalorata anche dal film “Seberg” che Kristen Stewart, testimonial ufficiale della maison, aveva appena finito di girare, con un eccezionale costume designer quale Michael Wilkinson.

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look 1-Chanel ss20 ready to wear
Kristen Stewart in Seberg (2019)

Anna Karina, scomparsa nel 2019, diventò moglie di Godard e forse è il volto più rappresentativo della Nouvelle Vague, avendo girato con lui ben 8 film. Danese di nascita, all’anagrafe Hanna Karin Blarke Bayer, si trasferì presto a Parigi e iniziò proprio come mannequin per Pierre Cardin e Chanel: leggenda narra che fu proprio quest’ultima a consigliarle il nuovo nome d’arte. Incontrò Godard quando era ancora un critico per i Cahiers du cinéma. French style fresco e giocoso, mora con capelli lisci alla spalla e frangetta (ma c’è da dire molto versatile, tanto che spesso ha osato un taglio alla maschietta) debutta con lui in Le Petit Soldat proprio all’inizio del decennio. Maglioncini e golfini in lana aderenti, gonne a pieghe, trench, cerchietti, minidress colorati, aveva una speciale allure retrò vagamente nostalgica.

Jean-Luc Godard and Anna Karina on set of film Made in USA on july 25, 1966 Credito fotografico
Photo © AGIP / Bridgeman Images
Jean-Luc Godard e Anna Karina, 1961

Brigitte Bardot era un’altra it girl e chiaramente ne “Il disprezzo” (1963) dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, è sensualissima e trasformista con il suo inconfondibile eye liner, con la parrucca nera o con capelli biondi naturali leggermente scomposti ma trattenuti dalla iconica fascia alta anni ’60, immersa nella bellezza della magnifica villa di Capri di Curzio Malaparte.

Il disprezzo (1963)

A Brigitte Bardot si ispirano molto dei look delle collezioni di Jacquemus– in particolare per accessori attualmente molto in voga come la borsa -cestino o il cappello di paglia che l’attrice indubbiamente lanciò all’epoca-il cui direttore creativo e fondatore Simone Porte, non ha mai fatto mistero di ispirarsi ai grandi cineasti francesi degli anni ’60 a partire da Éric Rohmer e a finire con Godard.

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Jacquemus ss2018

Mirelle Darc, che è entrata in direttissima nella lista degli abiti più iconici del cinema con il look black e super sexy di Guy Laroche in «Le Grand Blond Avec une Chaussure Noire», film del 1972 da Yves Robert, ci regala delle perle notevoli di stile anche in Weekend (1967) di Godard, con il suo ineguagliabile caschetto biondo cotonato.

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La Nouvelle Vague (nuova ondata) iniziò ad emergere alla fine degli anni ’50: tale definizione si utilizzò dal 1959 circa, per riferirsi a un movimento cinematografico innovativo, di rottura con la tradizione e diretto a cogliere la verità del reale, costituito per lo più da autori che si formarono alla scuola critica dei “Cahiers du cinéma”: Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, Eric Rohmer, Jacques Rivette e François Truffaut, tutt’oggi considerati grandissimi maestri.

In questo stesso periodo viriamo appunto verso gli anni ’60 che sono stati assolutamente innovativi e avanguardisti per molteplici aspetti: contraddistinti dalla rivoluzione giovanile- che ha imposto per la prima volta il “giovane” come prototipo di bellezza e come potenziale cliente- hanno modificato la società sconvolgendola dalle fondamenta e hanno portato alla trasformazione delle convenzioni: la moda, come sempre, ha incarnato queste evoluzioni che avvenivano in tutti i campi e nutrendosi e incrociandosi con altre arti ha mostrato come ancora una volta a distanza di anni, ci parla e ci ispira. Jean Luc Godard -direttamente e indirettamente- non è stato solo un geniale regista, maestro e mente ma ha anche forgiato un immaginario che ancora oggi ci ispira e credo che continuerà a farlo per molto, moltissimo tempo…

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